Sta tutto in quella battuta verso la metà del film.
“Sai fischiare, vero Steve?”

È il 1943 e Betty Joan Perske Bacal ha solo 19 anni, come una ragazzina di quinta superiore. Bella, certo, ma alta rispetto alla media, con spalle troppo larghe e seno troppo minuto per fare successo davvero. E poi, ebrea polacca. Abbandonato il sogno di divenire una ballerina di successo ed intrapreso un corso di studi cinematografici a New York (con tanto di esibizioni a Broadway) viene notata e si ritrova catapultata sulla copertina di Harper Bazaar in abiti da crocerossina, in occasione di un omaggio al servizio medico statunitense durante la guerra.

Il fato vuole che quella rivista finisca nelle mani di “Slim”, al tempo moglie del regista Howard Hawks -uno dei massimi esponenti della Golden Age of Hollywood- e che Betty si ritrovi scritturata per un ruolo da protagonista femminile con il nome di Lauren Bacall.
Il film in questione è “To Have and Have Not” (in Italia, per ragioni politiche – la sceneggiatura criticava e si faceva beffa del fascismo- uscì solo anni dopo con il titolo “Acque del Sud”), basato su un romanzo di Ernest Hemigway, con attore principale il più grande del tempo -e probabilmente di sempre-, Humphrey Bogart. Nonostante l’enorme differenza di età -vent’anni lei, quarantacinque lui- e quindi di stili di vita -reduce da tre matrimoni fallimentari lui e alle primissime esperienze lei- e nonostante il disappunto della ragazza nello scoprire che la sua co-star non sarebbe stata Clark Gable, Cary Grant o il suo amato Leslie Howard, sin dal primo istante sul set tra i due scoppia un amore destinato a durare sino alla (un po’ prematura) scomparsa di lui, nel 1957.

Ma torniamo a noi: “Sai fischiare, vero Steve?” (originariamente “You know how to whistle, don’t you, Steve? You just put your lips together and… blow”) non è passato alla storia per la frase in sé o per il suo valore nel contesto, bensì per il modo in cui Lauren Bacall consacra il film pronunciandola. Ombrosa e squadrata, il sorriso ammiccante da un lato, le sopracciglia più scure ad ali di gabbiano e la colata d’oro chiaro che le incornicia gli zigomi fin sotto le spalle con la riga da una parte, Betty Perske chiede ad Humphrey Bogart se sa fischiare ie -al suo primo film- diventa la prima vera e propria femme fatale del cinema. Quasi lo stesso ruolo, ma più scandagliato ed ampliato, ne “Il Grande Sonno” (“The Big Sleep”), sempre accanto all’ormai marito Bogart ed ancora diretta da Hawks, solo un paio d’anni dopo, ed infine in “Dark Passage” (1947) sotto la direzione di Delmer Daves ed ancora insieme al partner.

Sono solo i primi tre ruoli per Lauren Bacall, destinata ad una lunga, prosperosa e ricca carriera, ma in qualche modo sono proprio questi ad aver fatto di lei la leggenda che tutti conosciamo: di poche parole, avvolta in una pelliccia o in lunghi completi scuri, caratterizzata da una voce bassa da contralto a rendere i suoi pezzi canori (la performance di “How Little We Know” in “To Have and Have Not” e di “And Her Tears Flow Like Wine” in “The Big Sleep”) le scene più seducenti dei film. Lauren è un team a parte: né sorridente e malinconica come la dolcissima Marilyn, né bella ma più impietrita come l’elegante Grace Kelly; pur non spogliandosi in scena, il suo passo e il suo sguardo con tanto di piglio da gatta indolente, la discostano dall’innocenza infantile di una Audrey Hepburn (Lauren è molto più coraggiosa e spregiudicata) e l’avvicinano forse più a quello della sua sfortunata coetanea Veronica Lake, con cui condivideva in parte anche la pettinatura. La figura della dark lady -spregiudicata, infedele, dannata- nasce con lei e con quella storia del fischiare, mentre volge lo sguardo di lato, e sarà destinata ad essere ripresa ed imitata per sempre. La prima infatti a riprendere quell’atteggiamento maliardo sarà la “Gilda” di Rita Hayworth (1946), forse la più famosa femme fatale della storia del cinema, a sua volta fonte d’ispirazione per l’invenzione di Jessica Rabbit.

Ma, come raccontavo poco fa, la sua presenza ha fatto la storia anche in pellicole di tutt’altro genere, da “How To Marry a Millionaire” (1953), a “Assassinio Sull’Orient Express” di Lumet (1974) e “The Mirror Has Two Faces” (1996), che le vale la sua prima nomination all’Oscar -un dramma che sia giunta così tardi e una beffa non sia successo prima, negli anni d’Oro del cinema di Hollywood, ma comunque meritatissima.

Unica nel suo genere, si è sempre distinta per acume ed ironia pungente, anche grazie a quella bellezza algida che la rendeva incredibilmente affascinate e temibile; however, fu una dolcissima madre e moglie: al funerale di Bogart, che la vide già vedova a soli trentadue anni, gettò iconicamente un fischietto sulla bara del marito, in memoria di quella frase galeotta che li aveva fatti innamorare tredici anni prima e che non li avrebbe mai davvero divisi.
Tra le più grandi star femminili di tutti i tempi, protagonista dei film noir e della storia d’amore più celebre ed invidiata della storia del cinema (Bogie & Baby, così li chiamavano), impegnata in progetti umanitari e -con il marito- nella lotta al maccartismo degli anni ’50, ferrea sostenitrice del partito democratico e liberale convinta, senza contare i successi a Broadway, Lauren Bacall ha preso parte a più di 50 produzioni tra cinema e televisione, che le sono valsi un Oscar alla carriera solo nel 2009, ma un soprannome che l’ha resa un icona per sempre: the look.

Ed è proprio quello sguardo, quel glaciale occhio perfetto, a consacrarla ad icona e a fare di lei una delle pochissime attrici in grado di sopravvivere al tempo. Lo stesso sguardo penetrante, da quella copertina di Harper Bazaar all’infinito.
“Non mi fermo mai” diceva, “non credo negli attori che si prendono periodi di pausa o che lasciano il cinema ad una certa età: è lì che si comincia ad invecchiare”, e così fece: non si fermò mai. Lauren Bacall si è spenta il 12 agosto del 2014 a New York, solo un mese prima di poter compiere novant’anni, ma la sua stella brilla per sempre… Con quell’incomparabile sguardo elettrico.
Festeggiamo il suo 93esimo compleanno con questo simpatico video del 1953, che vede Lauren ospite del celeberrimo programma TV del tempo What’s My Line, ed ovviamente invitandovi a fare un tuffo nella vita e negli splendidi film di una donna che è stata il volto (lo sguardo, possiamo dire?) di un’era d’oro. E vi ha dato un primo tocco di noir.
Carmen C.
L’ha ribloggato su the girl on the halfshelle ha commentato:
Ho scritto questo articolo in onore dell’unica e sola Lauren Bacall, una delle mie muse di più lunga data, la dark lady più bella che la golden age ci abbia mai donato. Oggi compirebbe 93 anni. 🌹
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