Carmen racconta qualcosa del Festival

Qualche giorno fa, in un negozio di libri di seconda mano, sono stata per una buona mezzora stesa per terra, nascosta sotto lo scaffale di cinema, sfogliando in gran segreto un volume che avevo scovato tra una sceneggiatura e l’altra: Il Cinema a Venezia.

All’interno, una serie di bellissime fotografie delle prime edizioni del festival,  intervallate da testimonianze entusiaste dei divi d’Oltreoceano, che mai avevano visto prima d’ora un posto così magico, increduli di fronte allo splendore della laguna.

Vivo così vicina a Venezia e sono così abituata ad andarci con facilità il sabato o nei pomeriggi liberi, che -assurdo da dire- per me è quasi scontata, e mi affascina sempre tanto vedere le reazioni delle persone che ci mettono piede per la prima volta, o che la visitano -magari in occasione della Biennale- una volta l’anno: in qualche modo, l’immagine del sole del Lido riflessa negli occhi delle mie amiche turiste mi riempie il cuore di gioia e di orgoglio.

Come ho già detto, Venezia è sempre splendida, ma durante la Mostra del Cinema un po’ di più: in quel finire dell’estate, a cavallo tra agosto e settembre, tra il sogno e la realtà, si colloca infatti il festival a mio parere più bello del mondo, il primo festival che permette agli artisti di interagire davvero con il pubblico, che permette il confronto, l’incontro con i grandi artisti, la partecipazione quasi libera alle proiezioni ed alle conferenze e che fa sentire gli spettatori parte dell’esposizione.

Il nostro festival.

Quest’anno, ad aprire le cerimonie -come tutti già saprete- niente Madrina, bensì un Padrino eccezionale come Alessandro Borghi, giovane attore nostrano molto promettente (di cui potete leggere di più qui), che con essenziale ed elegante semplicità ha trasmesso in poche parole d’apertura il suo amore per il cinema al pubblico.

E poi le opere degli artisti, film e documentari dei più diversi generi dalle più disparate parti della terra, numerose e bellissime culture a convergere in un solo punto del mondo: il Lido di Venezia. Perché sì, il festival ha saputo -ancora, come sempre- dare spazio a film del calibro di “Downsizing” (pellicola d’apertura), “Suburbicon”“Mother!” ed il vincitore “The Shape Of Water” a prodotti di autori emergenti, tra tutti il chiacchieratissimo “Woodshock”, “Jusqu’à la garde” di Xavier Legrand e “Brutti e Cattivi” di Cosimo Gomez.

Gli ospiti più attesi in laguna sono stati fra tutti George Clooney, che, accompagnato dalla compagna Amal Alamuddin in uno splendido abito lilla (il loro primo carpet da neo-genitori), ha presentato il suo sesto film da regista “Suburbicon”, Matt Damon -protagonista sia di quest’ultimo che di “Downsizing” e Jennifer Lawrence, che ha sfilato con un meraviglioso abito Dior il carpet di “Mother!”, realizzato dal compagno e apprezzatissimo regista Darren Aronofsky (“Requiem For A Dream”, “Il Cigno Nero”). Amatissimi anche i bellissimi e simpaticissimi Matthias Schoenaerts ed Adèle Exarchopoulos, protagonisti di “Le Fidèle” -presentato fuori concorso il penultimo giorno di festival- e la splendida coppia Cruz-Bardem, con “Loving Pablo”.

Il 3 settembre, in occasione del sessantesimo anno dalla sua prima volta a Venezia, Claudia Cardinale ha ricevuto il premio Kinéo alla carriera (per saperne di più leggere qui), insieme -fra gli altri- a Susan Sarandon e Vittoria Puccini, che hanno sfilato luminose e gentilissime sul carpet dopo la première di “The Leisure Seeker” di Virzì.

Ed infine i vincitori: i meritatissimi Leone D’Oro e D’Argento sono andati rispettivamente a Guillermo Del Toro per “The Shape Of Water” e Xavier Legrand per “Jusqu’à la garde”, la Coppa Volpi per la miglior interpretazione maschile a Kamel El Basha, protagonista di “The Insult” e quella della miglior interpretazione femminile a Charlotte Rampling, per “Hannah”.

Qui di seguito Mars ha scritto per ogni film che ha visto un mini-commento privo spoiler e ha dato ad ognuno una valutazione da 1 a 10.

Dowsizing dir. Alexander Payne

originalDownsizing immagina cosa accadrebbe se, per rispondere al problema della sovrappopolazione, alcuni scienziati norvegesi scoprissero come rimpicciolire le persone a una decina di centimetri di altezza, e proponessero di attuare questa soluzione nel giro di duecento anni. Rendendosi presto conto dei vantaggi economici del mondo in miniatura, e con la promessa di una vita migliore, il signor Paul Safranek e la moglie Audrey decidono di abbandonare la loro stressante esistenza a Omaha, per rimpicciolirsi e trasferirsi in una nuova comunità in miniatura. Ma si imbarcheranno in un’avventura che cambierà la loro vita per sempre.

© La Biennale

A fine visione, forse presa dall’entusiasmo da Festival, ho detto che il film -nonostante gli alti e bassi- mi era piaciuto.  Ci ho riflettuto ogni giorno e a lungo andare mi sono resa conto di non averlo apprezzato granché. Come apertura è stata piuttosto sottotono, soprattutto se si pensa all’edizione passata, dove fu selezionato La La Land per dare il via alle danze. La pellicola inizia bene, con delle premesse interessanti che offrono degli spunti sul mondo in cui viviamo e soprattutto come lo/ci viviamo. Superata la metà, la narrazione prende una svolta inaspettata e poco accattivante e che tende quasi al grottesco. Le battute presenti nei dialoghi a tratti sono divertenti, tuttavia stancanti. Del cast mi è piaciuto da impazzire Christoph Waltz, che con il suo carisma ha dato quel pizzico di brio che ha reso il film godibile. Un progetto con tanto potenziale, che purtroppo non è stato sfruttato al meglio. voto: 6½/10

Nico, 1988 dir. Susanna Nicchiarelli

DIjXpUnXoAA1i0eA quasi 50 anni, la cantante e musicista Nico conduce una vita solitaria e appartata a Manchester, molto diversa da quella sfavillante che viveva negli anni sessanta, quando era una modella dalla bellezza leggendaria, musa di Warhol e vocalist dei Velvet Underground. Non le importa più molto del suo aspetto e della sua carriera, ma grazie al suo nuovo manager, Richard, ritrova la motivazione per partire in tour e tornare a esibirsi in giro per l’Europa. Tormentata dai suoi demoni e dalle conseguenze di una vita scombinata, Nico prova a ricostruire un rapporto con il figlio, la cui custodia le era stata tolta molti anni prima. Musicista coraggiosa e intransigente, la sua è la storia di una rinascita: di un’artista, di una madre, di una donna oltre la sua icona.

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Prima di vedere il film, tutto ciò che sapevo di Christa Päffgen in arte Nico era che aveva fatto parte dei Velvet Underground. Di conseguenza non ho le conoscenze sufficienti per poter dire che il film abbia rappresentato fedelmente lei, la sua vita e le persone a lei care. Detto ciò, l’ho apprezzato. L’interpretazione di Trine Dyrholm è stata intensa e convincente, spero di vederla ancora all’opera. Un biopic che affronta con serietà e sguardo cinico la vita travagliata di un’artista così tenebrosa e oscura. Scelta ormai diffusa quella di soffermarsi su una fase o un arco temporale della vita di un artista e che si dimostra una mossa brillante al fine di evitare di incorrere nella fretta del voler dire tutto in poco tempo. Anzi, dà la possibilità di concentrarsi meglio sull’evoluzione/involuzione del personaggio. voto: 7½/10

First Reformed dir. Paul Schrader

First-Reformed-PosterFirst Reformed è un film incentrato sulla spiritualità, con Ethan Hawke nella parte del pastore di una piccola chiesa perennemente vuota. Ex cappellano militare, Toller è devastato dalla perdita del figlio, che lui stesso aveva incoraggiato ad arruolarsi nelle forze armate. Travagliato da un forte dissidio spirituale, la sua fede viene ulteriormente messa alla prova quando la giovane Mary e il marito Michael, ambientalista radicale, si rivolgono a lui per aiuto. Consumato dal pensiero che il mondo stia per essere distrutto da grandi e spietate corporation, complici della Chiesa in loschi traffici, Toller decide di intraprendere un’azione molto rischiosa, con la speranza di riuscire a ritrovare la fede provando a rimediare ai torti subiti da tante persone.

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Sarò sincera. Faccio molta fatica a commentare questo film perché ho avuto molte difficoltà a seguirlo non essendo al pieno delle mie energie. Ha un ritmo piatto e lento, dominato da lunghe conversazioni tra i personaggi (il che non è un male, ma avrei preferito essere più costante e vigile durante la visione). Sembrava non finire mai. Nonostante ciò, Ethan Hawke ci ha donato una signora interpretazione, riuscendo a far suoi i demoni che torturavano il personaggio. voto: 7/10

The Shape of Water dir. Guillermo del Toro

tumblr_oteuvwRyI61r091sko1_500.pngThe Shape of Water è una favola ultraterrena ambientata intorno al 1962 sullo sfondo dell’America della Guerra Fredda. All’interno del remoto laboratorio governativo di massima sicurezza dove lavora, la solitaria Elisa è intrappolata in una vita di silenzio e isolamento che viene cambiata per sempre quando lei e la sua collega Zelda scoprono un esperimento segreto.

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Il film che mi ha rubato il cuore. La fiaba moderna che mi ha ricordato perché amo tanto il cinema. Una storia in cui protagonista principale è l’amore, sentimento che mi ha accompagnata per tutta la visione. Ero così coinvolta e trasportata all’interno del mondo creato da del Toro che scrivere qualsiasi altro commento sarebbe superfluo. Sono uscita dalla sala letteralmente in lacrime, felice e quasi nostalgica perché non volevo lasciare quel mondo che mi aveva accolta così calorosamente. In The Shape of Water c’è posto per tutti. Michael Shannon e Sally Hawkins magistrali. voto: 10/10

Suburbicon dir. George Clooney

3c97060317b6d61161fc501417bd6b1fSuburbicon è una pacifica e idilliaca comunità periferica caratterizzata da case a buon mercato e giardini ben curati… il luogo perfetto dove crescere una famiglia. È esattamente quello che stanno facendo i Lodge nell’estate del 1959. Tuttavia, l’apparente tranquillità cela una verità inquietante, quando il marito e padre Gardner Lodge è costretto a farsi strada nel lato oscuro della città fatto di tradimento, inganno e violenza. Questa è la storia di persone imperfette e delle loro scelte sbagliate. Questa è Suburbicon.

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Hey George! What did expect? Suburbicon urla “Fratelli Coen” dall’inizio alla fine, con quella piacevole vena comica e allo stesso tempo violenta. È una goduria. Una pellicola davvero attuale se si pensa al periodo in cui è stata concepita. Ciò che mi ha conquistato è stata la colonna sonora composta da Desplat e la memorabile interpretazione di Oscar Isaac. La scena tra lui e Julianne Moore è assurdamente fantastica. voto: 9/10

The Leisure Seeker (Ella & John) dir. Paolo Virzì

cxccThe Leisure Seeker è il soprannome del vecchio camper con cui Ella e John andavano in vacanza coi figli negli anni settanta. Per sfuggire a un destino di cure mediche che li separerebbe per sempre, la coppia sorprende i figli ormai adulti e invadenti salendo a bordo di quel veicolo anacronistico per scaraventarsi avventurosamente giù per la Old Route 1, destinazione Key West. John è svanito e smemorato ma forte, Ella è acciaccata e fragile ma lucidissima: insieme sembrano comporre a malapena una persona sola. Quel loro viaggio in un’America che non riconoscono più – tra momenti esilaranti e altri di autentico terrore – è l’occasione per ripercorrere una storia d’amore coniugale nutrita da passione e devozione, ma anche da ossessioni segrete che riemergono brutalmente, fino all’ultimo istante.

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Non avevo grandi aspettative per questo film, pensavo fosse il solito film su una coppia di anziani (e in parte lo è), ma è stato talmente fresco, frizzante e commovente che sono giunta ad amarlo. È di una dolcezza travolgente e Donald Sutherland ed Helen Mirren sono stati immensi. Porto le loro performance nel cuore. The Leisure Seeker is the new Amour. voto: 8/10

Caniba dir. Véréna Paravel & Lucien Castaing-Taylor

sYngdKOWB0vhaKKd42D9SCtFXrVCaniba è un affresco di carne e desiderio. È una riflessione sullo sconvolgente significato del cannibalismo nell’esistenza umana, alla luce della vicenda del giapponese Issei Sagawa e del suo inquietante rapporto con il fratello Jun.

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Da come era stato introdotto, mi aspettavo un film che mi sconvolgesse e mi turbasse al punto da volerlo rivedere in ogni momento della giornata. La verità è che dopo i primi dieci minuti di film avrei tanto voluto seguire le persone che hanno abbandonato la sala. Ho resistito tutti i 90 minuti. 90 minuti di primi piani non messi a fuoco, scene la cui funzionalità nella storia non è pervenuta. Onestamente non penso nemmeno di aver compreso le intenzioni del film.  voto: 1/10

Mother! dir. Darren Aronofsky

motherLa relazione di una coppia viene messa a dura prova quando alcuni inattesi ospiti si presentano a casa loro, gettando nello scompiglio la loro tranquilla esistenza.

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Forse il film che ha diviso di più il pubblico. Non dimenticherò facilmente le reazioni delle persone che erano con me in sala. In molti hanno urlato “Buuu”, altri sono usciti dalla sala a metà film.  Io me lo sono goduto, ero coinvolta e l’ho apprezzato. Non è la migliore opera di Aronofsky, ha i suoi difetti e a tratti c’è troppo Rosemary’s Baby, ma è un film in grado di suscitare emozioni contrastanti e che vuole trasmettere un messaggio. Linko il commento del regista, l’ho trovato parecchio illuminante.  voto: 8½/10

Three Billboards Outside Ebbing, Missouri dir. Martin McDonagh

three-posterThree Billboards Outside Ebbing, Missouri è una commedia nera diretta dal regista premio Oscar Martin McDonagh. Dopo mesi trascorsi senza trovare il colpevole dell’omicidio della figlia, Mildred Hayes compie un gesto audace. Lungo la strada che porta in città, noleggia tre cartelloni pubblicitari sui quali piazza un controverso messaggio diretto allo stimato capo della polizia locale William Willoughby. Quando nel caso viene coinvolto anche il vice Dixon, uomo immaturo dal temperamento violento e aggressivo, lo scontro tra Mildred e le forze di polizia di Ebbing diventa sempre più duro.

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I punti forti di questa dark-comedy –che io ho trovato magnifica- sono tre: la sceneggiatura, l’interpretazione di Frances McDormand e quella di Sam Rockwell. Un film così potente, accompagnato da un desiderio di far giustizia (e vendetta) che rivedrei ogni giorno. Forse il finale lascia un po’ di amaro in bocca, ma ciò non toglie che questa pellicola sia un vero e proprio gioiello. voto: 9½/10

Ammore e Malavita dir. Manetti Bros

xx.jpgNapoli. Ciro è un temuto killer. Con Rosario è una delle due “tigri” al servizio di don Vincenzo, “’o re d’o pesce”, e della sua astuta moglie, donna Maria. Fatima è una sognatrice, una giovane infermiera. Due mondi in apparenza così distanti ma destinati a incontrarsi. Una notte Fatima si trova nel posto sbagliato nel momento sbagliato. A Ciro viene dato l’incarico di sbarazzarsi di quella ragazza che ha visto troppo. Ma le cose non vanno come previsto. I due si trovano faccia a faccia, si riconoscono e riscoprono, l’uno nell’altra, l’amore mai dimenticato della loro adolescenza.

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Mi azzardo a definire questo film la versione napoletana e più divertente di Glee. Mi sono proprio divertita durante la visione ed ero estasiata ad ogni citazione cinematografica. Forse 2 ore e 20 minuti sono stati eccessivi, ma nel complesso è un film che sa intrattenere. voto: 8/10

Mektoub, My Love: Canto Uno dir. Abdellatif Kechiche

cxcccxAmin, un aspirante sceneggiatore che vive a Parigi, ritorna per l’estate nella sua città natale, una comunità di pescatori nel sud della Francia. È l’occasione per ritrovare la famiglia e gli amici d’infanzia. Accompagnato da suo cugino Tony e dalla sua migliore amica Ophélie, Amin passa il suo tempo tra il ristorante di specialità tunisine dei suoi genitori, i bar del quartiere e la spiaggia frequentata dalle ragazze in vacanza. Incantato dalle numerose figure femminili che lo circondano, Amin resta soggiogato da queste sirene estive, all’opposto del suo dionisiaco cugino che si getta senza remore nell’euforia dei loro corpi. Munito della sua macchina fotografica, e guidato dalla luce eclatante della costa mediterranea, Amin porta avanti la sua ricerca filosofica lanciandosi nella scrittura delle sue sceneggiature. Ma quando arriva il tempo dell’amore, solo il destino, solo il mektoub, può decidere. Questo racconto di formazione ambientato nel 1994 illumina di nostalgia le meraviglie della giovinezza.

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La mattina della proiezione ho fatto doppia colazione per affrontare al meglio il film. Ha funzionato? Certo che no. Cinematograficamente parlando il film è impeccabile, il problema sta tutto nella storia totalmente inconsistente. Una trama così banale, che sembrava concepita da un adolescente con gli ormoni in subbuglio. Mektoub, My Love: Canto Uno è ben lontano da La vie d’Adèle (che io ho amato). voto: 6/10

Brutti e Cattivi dir. Cosimo Gomez

BruttieCattivi_ManifestoVenezia.jpgIl Papero, Ballerina, il Merda e Plissé s’improvvisano rapinatori per il colpo che cambierà la loro vita. Non importa se il primo è senza gambe e Ballerina, la sua bellissima moglie, non ha le braccia, se Merda è un rasta tossico e Plissé un nano rapper. Sono solo dettagli. Per loro non ci sono ostacoli. Solo sogni.
Anche se, dopo il colpo, le cose si complicano: ogni membro dell’improbabile banda sembra avere un piano tutto suo per tenersi il malloppo. Tutti fregano tutti senza nessuna pietà in una girandola d’inseguimenti, cruente vendette, esecuzioni sanguinose e tradimenti incrociati.

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Il punto forte di questo film è il modo in cui sono stati concepiti i personaggi, per il resto Brutti e Cattivi non vanta originalità nella storia. Inoltre, sono presenti alcuni elementi che tendono al trash che fanno storcere il naso. Tutto sommato mi sono divertita, Claudio Santamaria si conferma una garanzia e Sara Serraiocco è stata un piacevole scoperta. voto: 7/10

Jusqu’à la garde dir. Xavier Legrand

DJTOVpYXgAUYS54Myriam e Antoine Besson hanno divorziato, e Myriam cerca di ottenere l’affido esclusivo del figlio Julien per proteggerlo da un padre che ritiene violento. Antoine perora la propria causa di padre disprezzato e il giudice assegnato al caso decide per l’affido congiunto. Vittima del conflitto sempre più esacerbato tra i suoi genitori, Julien viene spinto al limite per evitare che accada il peggio.

 

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Altro film che mi ha conquistata. Mi ha ricordato molto Jagten (2012) per il modo in cui viene coinvolto lo spettatore, quell’impotenza che ti fa stringere i pugni pur di non perdere le staffe ed inveire contro lo schermo. Il film tratta un argomento delicato a me molto caro, ovvero la violenza sulle donne e lo fa nel modo più naturale possibile, senza fronzoli e pretese. Jusqu’à la garde è un’opera forte e brutale, che ha dato una degna rappresentazione ad uno dei cancri peggiori di questo mondo. Il bambino che interpreta il figlio della coppia è una giovane promessa, una vera gemma. voto: 10/10

Le Fidèle dir.  Michaël R. Roskam

locandinaQuando Gino incontra Benedicte, è amore a prima vista: passionale, assoluto, travolgente. Lei lavora nell’azienda di famiglia ed e anche pilota di auto da corsa. Gino è apparentemente un ragazzo normale, sveglio, attraente… Invece nasconde un segreto; un segreto che può mettere in pericolo la vita di chi gli sta accanto. Per salvare il loro amore, Gino e Benedicte dovranno lottare contro il destino, la ragione e le loro fragilità.

 

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Il film in sé non è eccezionale né tantomeno originale, ma Adèle e Matthias hanno una chimica e un’intesa pazzesca da far passare ogni difetto in secondo piano. Sono stati davvero convincenti. voto: 7½/10

Suburra – La Serie (1×01 & 1×02) dir Michele Placido, Andrea Molaioli & Giuseppe Capotondi

Suburra_27x40_1Sheet_Italian.jpgStato, Chiesa, Famiglia. Non c’è più niente di sacro. Suburra: La Serie è un crime thriller ambientato a Roma, che descrive come la Chiesa, lo Stato e la criminalità organizzata si scontrino, confondendo i limiti della legalità e dell’illecito nella loro feroce ricerca del potere. Al centro della storia troviamo tre giovani uomini: Numero 8, Spadino e Lele, diversi per origine, ambizioni e passioni, che saranno chiamati a stringere alleanze per realizzare i loro più profondi desideri. Tratto dall’omonimo romanzo ma ambientato molti anni prima, Suburra: La Serie è una serie tv densa di azione, dramma e crimine, che racconta venti giorni di disordini in dieci incredibili episodi.

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Lo so , non è un film, ma ha tutte le carte in regola per esserlo considerato. I primi due episodi di Suburra spianano il terreno e sembrano promettere una serie davvero avvincenti. Alessandro Borghi dà nuovamente prova del suo talento con una performance notevole, ma nulla da togliere ai suoi colleghi: tra cui il frizzante Giacomo Ferrara e Francesco Acquaroli. Quest’ultimo è riuscito a dare vita alla figura del Samurai che tanto mi ha intimorita durante la lettura del libro. voto: 8/10

Carmen & Mars.