truffautCaro François,

ricordo bene il nostro primo incontro: accompagnavo mio padre alla tua tomba a Montmartre, ormai quasi sei anni fa, circondati da una folla di visitatori. Lui si commosse, io pure, ma non lo diedi a vedere: c’era troppa gente intorno a noi, e troppa pioggia per leggere il tuo nome bagnato dalle intemperie primaverili e coperto da quella rosa rossa che immagino essere ancora lì.

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La più memorabile scena di “Domicile Conjugal” (“Non drammatizziamo, è solo questione di corna”), 1970.

Questa lunga storia d’amore comincia proprio così, da mio padre, Mirko, che amò la tua poesia più di qualunque altra persona abbia mai conosciuto e mi trasmise questo attaccamento a te quasi fossi un padre, un amante, un amico, un uomo della mia vita.

Avevo forse appena dieci anni quando papà mi fece vedere quello che sarebbe diventato il mio film preferito tra i tuoi, Les deux anglaises et le continent (1971), che mi entrò nell’anima e la spalancò come si spalancano i battenti delle grandi finestre per farci passare il vento, il sole e la luna, e da allora la mia vita non fu più la stessa.

Caro François,

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Jean-Pierre Léaud (attore consacrato dal sodalizio con Truffaut) ne “Les 400 coups” (“I 400 colpi”), 1959. È il primo episodio della saga di Antoine Doinel, racconto cinematografico che segue l’infanzia, l’educazione sentimentale e la formazione del protagonista.
quante cose sono cambiate da allora! Se solo potessi dirti davvero con quale profondità hai influito sulla costruzione della donna che sono diventata, se solo potessi raccontarti di quante volte ho agito pensando a cos’avrebbero fatto Muriel, Adele, Claude, Guy Montag e Mathilde al mio posto, di quanto cinema ho scoperto informandomi sui tuoi attori e di quanta musica francese fa parte della mia quotidianità a partire dalle tue colonne sonore. Poi una cosa tira l’altra e si finisce per scoprire mezza Francia, e poi mezzo mondo, e poi sé stessi.
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“Jules et Jim” (1962), racconta di un sognante ed altrettanto tragico menage-à-trois ambientato nel primo novecento francese.

Ah, François, la libertà… Quanta libertà mi ha regalato il tuo cinema!

In quante esplorazioni di me stessa mi hanno lanciata i tuoi film, e quanta compagnia mi han saputo tenere quei baci rubati, quegli amori che fuggono, quei libri che bruciano, quelle lolite distese su cuscini sgualciti e tutto quel volteggiare tra decadentismo e postmodernismo, un’atmosfera che solo tu sapevi creare, in cui mi sembra di vivere ogni giorno.
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Jean Pierre Léaud ne “L’amour en fuite” (“L’amore fugge”), 1979, quarto ed ultimo episodio della saga di Antoine Doinel.
Caro François,
le tue donne spregiudicate, i tuoi uomini senza bussola morale, i tuoi bimbi malinconici, i tuoi amori a metà, le tue giovani amanti e le tue strizzatine d’occhio verso un po’ di perversione, un po’ di libertà, un po’ di solitudine e un po’ di gioco, inframmezzati da quei monologhi di alta filosofia europea, altro non sono che dediche appassionate a ciascuna delle persone che si sono intrecciate con la mia vita ed a tutti i cassetti aperti o semichiusi della mia.
E se solo potessi dirti a parole di quando, in certe occasioni, sento un pruritino da qualche parte e vi trovo impigliato uno dei tuoi personaggi, quasi come una bambolina tascabile, un sassolino nella scarpa, uno spiritello sulla spalla sinistra, un’esperienza portatile, una musica da giostrina di paese, una parte di me.
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Ne “La peau douce” (“La calda amante”), 1964, Truffaut racconta la passione e l’amore extraconiugale di un celebre scrittore per una giovanissima hostess.
Dunque, caro François, buon compleanno.
Oggi, come ogni 6 febbraio da anni a questa parte, per ricordarti ancora di più, mi trovo a scambiarmi fotografie, frasi, fotogrammi e scene dei tuoi film con mio padre, tuo devotissimo fedele, che ho sempre pensato fosse un po’ tuo figlio, e allora mi sento un po’ tua figlia anch’io, mentre ti scrivo questa brevissima lettera che non avrai mai -o che forse stai leggendo alle mie spalle- canticchiando La Mer.
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La celeberrima scena che mi agganciò per sempre. Muriel Brown (Stacey Tendeter) solleva la benda, vede Claude per la prima volta e s’innamora di lui in “Les deux anglaises et le continent” (“Le due inglesi”), 1971, il mio preferito tra i film di Truffaut.

Mi scuso, François, se in queste poche righe non ho saputo esprimere completamente ciò che la tua arte significhi intimamente per me, ma quando si ama davvero qualcosa o qualcuno le parole non si trovano mai. E ti ringrazio, François, per le storie che mi hai raccontato, per la compagnia che mi hai tenuto, per l’infanzia e l’adolescenza che mi hai regalato, per per la libertà che mi hai insegnato a vivere, e perché se faccio quel che faccio, ad oggi, è anche e soprattutto per te, perché da quando Muriel alzò la benda per guardare Claude, nulla per me fu più lo stesso. 

Un baiser volé,
Carmen