
Ma chère Eva,
scrivo questa lettera sul finire di una lunga giornata di lavoro, scorgo dalla finestra il sole che sta tramontando e in questo momento nella mia mente prende vita un cliché sdolcinato: mi immagino seduta insieme a te sulla riva di una spiaggia toscana, mentre sorseggiamo un calice di Cuvée Eva proveniente dalle vigne di tua sorella Joy. Per quanto io voglia crogiolarmi in questo perfetto idillio, lascio da parte le mie frivole fantasticherie e ti celebro ripercorrendo parte dell’arte che ci stai lasciando in eredità.
Oggi, 6 luglio, vorrei prendere il primo treno per il Montenegro e sperare che da un momento all’altro tu ti sieda di fronte a me. Casino Royale è stata l’opera con la quale mi hai sedotta. La tua unicità emerge senza alcuno sforzo attraverso i tuoi modi misteriosi, tuttavia accattivanti. Intorno a te percepisco sempre un alone di ambiguità che non fa altro che attirarmi, senza interruzione in un continuo crescendo: sembri provenire da un’altra epoca, ai miei occhi sei un’entità irraggiungibile a tratti eterea e celestiale, eppure sono consapevole che sei qui. Sei reale. E sei tra gli artisti più interessanti che io abbia mai visto sul grande schermo e non.
Sono trascorsi ormai due anni dalla cancellazione di Penny Dreadful, tra quasi una settimana annunceranno le nomination agli Emmys e io non posso fare a meno di ricordare le giornate in cui mi dannavo nella speranza di vedere il tuo talento riconosciuto. Il modo in cui hai abitato il personaggio di Vanessa Ives è senza eguali e non passa giorno senza che mi manchi il mio prezioso scorpione. Non ho mai visto artificio nella tua interpretazione: hai fatto tue le intenzioni, le emozioni (soprattutto la sofferenza) di una donna enigmatica e appassionata. Ma d’altronde è sempre stato così: ti sei sempre prestata a recitare parti complesse, che nascondevano segreti, che trasmettessero un messaggio, che semplicemente avessero qualcosa da dire. Tuttavia, non per forza che proferissero parola. Prendiamo The Salvation: hai dimostrato di sapere comunicare senza mai aprire bocca. Sai farti sentire senza fare rumore. E non è da tutti.
Sai, talvolta mi appari in sogno, mentre giochi con le lenzuola come in White Bird. Vorrei abbracciarti. Vorrei poter imprimere il tuo sorriso nei miei ricordi. Per sempre. Altre volte, invece, mi immagino al posto di Ewan McGregor in Perfect Sense e di lasciarmi inebriare dalla tua aurea… o semplicemente di condividere la vasca da bagno con te, addentatura di saponetta non inclusa, però. Molto probabilmente sarei come le allieve del collegio femminile St. Mathilda in Cracks: farei di tutto per attirare la tua attenzione, ma al tempo stesso sarei intimorita dalla tua passione morbosa, in tutte le sue sfaccettature. Dalla squilibrata Angelique in Dark Shadows, l’oscura e temibile Morgana nella serie tv Camelot o la malsana figura materna di Womb, ma anche l’ambigua Emilie in Euphoria fino a giungere ad Elle, presenza tossica di D’Après Une Histoire Vraie. Forse ripensandoci preferirei essere la cocca di Miss Peregrine. In fondo mi sento abbastanza peculiar.
In realtà, nel corso di questa giornata, io e te faremo a gara per le sale del Louvre, correremo fino a non avere più fiato in corpo, come Isabelle, Matthew e Léo, e cercheremo di battere il record sancito nel 1964 da Band à part di Jean-Luc Godard. Vorrei sognare insieme a te. Vorrei saper combattere come te: lo hai fatto sul grande schermo in universi ed epoche diverse (La bussola d’oro, Le crociate, 300 – L’alba di un impero, Sin City – A Dame to Kill For), ma soprattutto lo hai fatto nella vita. Hai aggiunto la tua voce al coro del movimento MeToo raccontando la tua dolorosa storia. Da quelle dichiarazioni ho percepito la tua fragilità, ti ho vista esporti – evento raro, nel tuo caso -, ma anche sprigionare una forza che deve restare intatta.

Ai miei occhi resti quella creatura gotica, romantica e senza tempo la cui essenza viene sprigionata in un connubio perfetto tra classe e eleganza, sensualità e goffaggine.
Ma forse, ciò a cui mi sono affezionata maggiormente è il tuo animo gentile, comprensivo e premuroso: tempo fa ho letto un aneddoto raccontato da una giornalista su Twitter. Diceva così: “Nel 2006 ho avuto un terribile attacco d’ansia nel bel mezzo di un’intervista ad Eva Green. Che mi ha versato un bicchiere d’acqua, ha preso il blocco note nel quale mi ero segnata le domande da porle: prima le ha lette, poi ha preso a rispondere a ciascuna di esse usando il mio registratore e usando due toni diversi di voce”.
Questa è l’idea che mi sono fatta di te nel corso degli anni. E sono certa di non essermi sbagliata. Auguri, mia musa.
tua,
Mars