In concorso

FIRST MAN
firstposter_jpg_1003x0_crop_q85Film di apertura della Mostra che racconta i sacrifici compiuti da Neil Armstrong per lo sbarco sulla Luna. Damien Chazelle torna dietro la macchina da presa per un film diverso dai precedenti che purtroppo non riesce a scavare nella mia anima. Tecnicamente impeccabile (la sequenza del lancio è da brividi), anche se con qualche sbavatura (come ad esempio la riproduzione troppo artificiosa della Luna). Chazelle non cade in patriottismi, ma soprattutto è abile nel far percepire il suo tocco tramite strizzate d’occhio alle sue opere precedenti e a scelte stilistiche legate a fotografia e musiche. Tuttavia, per me non basta. Quello che ho visto è un film nella norma, niente di più. Inoltre, le performance dei protagonisti non aiutano nell’impresa del coinvolgermi: Claire Foy spicca maggiormente rispetto ad un Ryan Gosling che resta incatenato alle solite tre espressioni, che solo in pochi tratti sono riuscite a trasmettermi la sofferenza e l’agonia di Neil Armstrong. Avrei voluto che nel complesso mi emozionasse di più.

 

THE FAVOURITE
(Leone d’argento – Gran premio della giuria e Coppa Volpi per la migliore interpretazione femminile ad Olivia Colman)
5b297bf9e28a219860deefe3312820d3Quello che ammiro di Yorgos Lanthimos è la sua capacità di rappresentare dinamiche disturbanti con così tanta naturalezza da renderle normali. Detto ciò, devo ammettere che nessuno dei suoi film è mai riuscito a conquistarmi nella sua interezza, ci è però andato vicino The Lobster. Mancava sempre qualcosa, percepivo delle ottime idee di fondo che tuttavia faticavano ad essere sviluppate. Letta qualche piccola premessa su The Favourite – non volevo svelarmi troppo – ho capito che questo sarebbe stato il film su cui avrei puntato tutto e che mi avrebbe finalmente convinta su Yorgos (forse anche perché si allontana dalle opere precedenti, infatti a post-visione posso dire che ha decisamente dei toni meno appesantiti). E così è stato. Mentre l’Inghilterra è in guerra contro la Francia, lo spettatore assiste agli intrighi della corte della regina Anna, nella quale due cugine lottano per il posto di sua favorita. The Favourite avvolge il pubblico nella sua nube di comicità grottesca e lo rende partecipe dei sotterfugi, dei tradimenti e delle crudeltà che albergano in quelle stanze sfarzose e a tratti soffocanti. Il film sta tutto nella brillante sceneggiatura, ma soprattutto nell’intreccio nato dalle interpretazioni delle tre protagoniste, che si concatenano in maniera perfetta fra loro. Personalmente mi ha sorpresa parecchio Emma Stone, che non avevo mai visto emergere così tanto: è riuscita a liberare tante sfaccettature del suo talento, mi ha incantata.

 

ROMA
(Leone doro per miglior film)
romaCuarón con estrema delicatezza culla il cuore dei suoi spettatori nelle acque dei suoi ricordi e della politica messicana degli anni 70. In poco tempo impariamo a voler bene a Cleo, domestica di una famiglia borghese, e dal suo punto di vista esploriamo pian piano il paesaggio che non fa cornice, ma è bensì anch’esso protagonista della vicenda, al pari dei personaggi in carne ed ossa (sì, anche il cane!). È come seguire tre percorsi diversi, tutti collegati fra loro: i moti che animano il paese, la vita di Cleo che improvvisamente cambia, così come quella della famiglia per cui lavora. Un film carico di amore, affetto e nostalgia che non ha bisogno di altre parole. Roma è uno scorcio di vita che Alfonso Cuarón ha deciso di donarci. Facciamone tesoro.

 

THE BALLAD OF BUSTER SCRUGGS
(Premio Osella per la migliore sceneggiatura)
locandinaSei storie prendono vita e vengono racchiuse in un lungometraggio nel quale i fratelli Coen sintetizzano il genere western raggiungendo picchi di genialità restando comunque fedeli allo stile che li rende unici. Scontri fra pistoleri, rapine in banca, caccia all’oro, numeri di magia e viaggi conditi dall’humor nero Coeniano che tanto conosciamo: i primi episodi sono i più vivaci e “spensierati” e a lungo andare i toni si fanno più cupi e malinconici, tra alti e bassi. I miei episodi preferiti sono i primi due, spassosissimi e assurdi; e l’ultimo, che mi ha ricordato tanto The Hateful Eight e Penny Dreadful per le atmosfere cupe e le ambientazioni. Menzione speciale al quinto, che mi ha lasciato una tristezza immensa addosso.

 

SUSPIRIA
MV5BMjQ2MTIyNjM2MF5BMl5BanBnXkFtZTgwMDE3NDMyNjM@._V1_Non è un remake. Non è un remake. Non è un remake. È un omaggio. È un omaggio. È un omaggio. E ora a noi: ambientato nella Berlino del 1977 – anno in cui uscì il film di Argento – Guadagnino ripropone la storia di Susie Bannion attraverso una sua visione personale. Distaccandosi dai dettami del genere horror (fin dall’inizio lo spettatore è al corrente di quello che sta per succedere, non c’è un “mistero”) si sofferma sui concetti di maternità e femminilità, dando vita a delle donne protagoniste e oltremodo potenti. Spesso mi hanno chiesto: “Ma fa paura?”. La risposta è no. È impressionante in alcuni punti, leggermente disturbante e pregno di tensione. Il film ha un’andatura lenta, tranne in alcune scene brevi e frenetiche (che non spoilero!). Mi inchino a Walter Fasano. Mi inchino a Luca Guadagnino per il coraggio, per essersi nuovamente messo in gioco. E grazie Thom Yorke.

 

FRÈRES ENNEMIS
feDurante la mia permanenza al festival ho sentito e letto pareri molto discordanti su questo film e mi sono chiesta – e continuo a farlo – se io l’abbia visto nell’ottica giusta. O al momento giusto, dato che sono andata alla proiezione delle 8 del mattino (a volte sono illegali). Frères Ennemis è la storia di due amici d’infanzia che una volta cresciuti prenderanno strade completamente opposte: uno si darà alla criminalità, mentre l’altro diventerà un poliziotto. Uno gestisce dei traffici antidroga e l’altro li sventa. Un noir dal ritmo serrato ambientato nella periferia parigina che a me non è mai sembrato ingranare. Le dinamiche messe in scena non rappresentano una novità in campo cinematografico, eppure mi trovo in un limbo: sento di non essermi dedicata a quest’opera come avrei dovuto. Voglio rivederlo, ricredermi, tornare a rileggere quello che ho scritto qui e rendermi conto di essermi sbagliata. Una certezza però ce l’ho ed è Matthias Schoenaerts.

 

THE SISTERS BROTHERS
(Leone d’argento per la miglior regia)
the-sisters-brothers-Movie-Poster-Il primo lungometraggio in lingua inglese di Jacques Audiard è un western fuori dagli schemi all’insegna dell’ironia e di un’inaspettata tenerezza. Lo spettatore viene accompagnato nel viaggio dei fratelli Sisters, mercenari i cui rapporti sono molto altalenanti. Sono infatti i due protagonisti a spiccare maggiormente, sia grazie a due interpreti (Joaquin Phoenix riesce a farsi strada nell’animo di chi lo guarda, è oltre) ma anche per merito di una scrittura dei personaggi certosina e brillante. Onestamente? Si tratta di un buon film, la cui regia però non è così degna di nota da essere premiata. I said what I said.

 

 

 

AT ETERNITY’S GATE
(Coppa Volpi per la migliore interpretazione maschile a Willem Dafoe)
At_Eternity's_Gate_Poster_USA_bigL’ennesimo film su Vincent van Gogh (bisogna dirlo) che tuttavia a me è piaciuto di più rispetto agli altri (eppure a Venezia ha diviso e parecchio: è un’opera che piace o meno, non ho sentito pareri che si trovassero nel mezzo). Ciò che colpisce della messa in scena è il modo in cui vengono rappresentate le emozioni e i moti interiori di Vincent: gli unici momenti in cui la macchina da presa è ferma senza muoversi freneticamente sono quelli in cui Vincent dipinge, attimi in cui è calmo e sereno. Infatti, i colori caldi della fotografia accentuano questo stato di quiete e rispecchiano efficacemente lo stato d’animo di Vincent. L’ho apprezzato tanto, malgrado abbia alcuni quesiti riguardo alcuni eventi della sua vita, vorrei sapere se siano realmente accaduti. In ogni caso, per me è davvero un buon film.

 

VOX LUX
xqMdpQ8nVNITETRvJVXlmDQDonLCome tanti film presentati alla mostra, Vox Lux è diviso in atti. Ogni atto ha un’introduzione che poi lascia spazio ad uno sviluppo: peccato che introduzione e sviluppo siano talmente diversi fra loro da sembrare due film distinti e separati. Così diversi da avermi disorientata. In ogni caso, le intenzioni del film e il messaggio che vuole trasmettere si intuiscono molto chiaramente, tuttavia la messa in scena non è funzionale. Affatto. E come se non bastasse c’è una sorta di miscasting legato al personaggio interpretato da Stacy Martin, che nel corso del film non invecchia mai (non ci provano nemmeno ad invecchiarla). Natalie Portman è una protagonista grintosa, talvolta un po’ troppo sopra le righe, che si divora letteralmente i suoi compagni di scena. Resta il fatto che questo è un ritratto non troppo riuscito del XXI secolo.

 

CAPRI-REVOLUTION
locandina-ver1914. Un’isola dove diverse personalità convivono – per modo di dire – lasciando spazio e respingendo concezioni diverse del mondo. Marianna Fontana interpreta colei che mette da parte pregiudizi e preconcetti, lasciandosi andare ad esperienze nuove e sconosciute, scandendo perfettamente il percorso di crescita del suo personaggio. Un film che mette in discussione la definizione di donna, portando anche a riflettere sulla situazione attuale del nostro Paese.

 

 

 

 

THE NIGHTINGALE
(Premio speciale della giuria e Premio Marcello Mastroianni a Baykali Ganambarr)
the-nightingaleParto così: per me è no. Sembra che Jennifer Kent si sia proprio impegnata a fare due ore e un quarto di film forzatamente politically correct, tutto all’insegna degli stereotipi. La donzella in pericolo che una volta giunto il momento di mettere in atto la propria vendetta esita e si nasconde, un villain troppo villain (avete presente quando il troppo storpia?) il cui interprete non giova affatto alla credibilità del personaggio: Sam Claflin tra un grugnito e l’altro è fin troppo out-of-character. E guarda un po’? L’aiutante della donzella è nero. Chi lo avrebbe mai detto. E sono stati così audaci da premiare quest’opera. Se volete vedervi un revenge movie degno di essere definito tale vi consiglio Revenge di Coralie Fargeat.

 

 

Fuori concorso

A STAR IS BORN
shareRicordo fin troppo bene cosa ho esclamato appena uscita dalla sala: “Un’americanata. Una trashata”. E potrei chiuderla qui perché nessun altro commento potrebbe rendere meglio l’idea su questo remake lasciato in balia dei cliché. Tuttavia, Bradley Cooper è convincente nel ruolo della country rockstar dedita all’alcol, mentre Lady Gaga alterna momenti in cui riesce a calarsi nel personaggio e altri in cui è fin troppo evidente che sta recitando. Hanno ragione quando storpiano il titolo in “A Star Is Dead”.

 

 

 

UN PEUPLE ET SON ROI
locandinaIl regista Pierre Schoeller racconta la ribellione del popolo dopo la presa della Bastiglia e lo fa proprio dal punto di vista del Terzo Stato. Un fermo immagine sulle fasi della ricostruzione di una nazione, da cui spiccano in particolar modo il Robespierre di Louis Garrel e la determinata Françoise di Adèle Haenel. Malgrado la chiarezza della narrazione il film risulta piatto e fin troppo didascalico.

 

 

 

 

 

LES ESTIVANTS
les-estivantsValeria Bruni Tedeschi ci apre le porte di un’estate tra realtà e finzione, che lei stessa definisce autobiografia immaginaria. Un film molto francesizzante, con tanti momenti divertenti, ma l’ilarità è sempre contaminata dalla sofferenza che aleggia fin dall’inizio del racconto (a tratti ripetitivo). Anzi, a lungo andare è evidente che la situazione non può far altro che peggiorare. Il dolore prevale su qualsiasi emozione. Una performance nevrotica ed esuberante della Bruni Tedeschi, che permette comunque anche agli altri membri del cast di emergere.

 

 

 

 

DRIVEN
drivenIl film di chiusura della mostra racconta la storia di John DeLorean e lo fa con estrema leggerezza e comicità dal punto di vista del personaggio interpretato egregiamente da Jason Sudeikis, Jim Hoffman. È un film nella norma, in grado di intrattenere (la colonna sonora è la ciliegina sulla torta) e divertire lo spettatore… una chiusura che non si prende troppo sul serio. Il sipario si è chiuso strappandomi un sorriso.

 

 

 

 

 

Mars.