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Ricordo un Banana Daiquiri condiviso su instagram, ordinato per omaggiare l’amico scomparso nel 2015 e pur non essendoci stata, ho immaginato Neil Gaiman alzare il bicchiere in un commosso brindisi davanti a sé, perché Terry Pratchett – che si sia un po’ scomodato per tornare da noi o che sia ora nel suo amato Mondo Disco con un occhio rivolto dabbasso – non può che esser fiero di quanto lui e l’amico sono stati capaci di fare, donandoci le pagine di Good Omens, ora diventate una serie tv Amazon Prime, e pronte, in questo modo, a farsi conoscere nel tempo e a sedimentarsi nel cuore di tutti.

Prendete del sano e sagace humor, di quello tagliente, un po’ del sentore urban fantasy che profuma di sushi e rilascia l’eco rock di una Bentley in corsa, una spruzzata di citazioni nerd – che i fan di Doctor Who e Douglas Adams apprezzeranno – una fotografia luminosa e una regia (quella di Douglas Mackinnon) capace di esaltare esteticamente ogni singolare personaggio. Mescolate il tutto nel calderone che sa essere la sceneggiatura di Neil Gaiman, immaginifico autore, il quale fa della scrittura la propria creta. Con essa rischia, gioca, si diverte creando un background solido e caloroso, un’avventura che diventa materia nelle sue mani, scolpita con maestria dal suo pennino. Prendete tutto questo e avrete Good Omens, anche nota in Italia come Buona Apocalisse a tutti!

Cosa accade quando l’ultimo dei giorni è ormai alle porte e l’Anticristo è tra noi? Cosa possiamo aspettarci quando a fare le veci dell’umanità intera, sono l’angelo Aziraphale (Michael Sheen) e il demone Crowley (David Tennant), decisi a far fronte comune venendo meno l’uno ai principi di una rigida armata celestiale e l’altro va sbeffeggiando la controparte infernale? La dualità degli opposti che unita trionfa, è la risposta. La coppia improbabile, senza la quale il mondo sembra non potesse preservarsi altrimenti, è il fulcro di questi sei episodi e con il terzo – aggancio della trama e contenitore dell’ormai iconica introduzione, che segue i protagonisti dall’Eden sino ai giorni nostri – ci diventa chiaro. Qui Neil va scandendo con grande poesia, un rapporto nato come amicizia, che “corre troppo veloce” lungo i seimila anni dell’umana storia e finisce in qualcosa di più profondo e inevitabile, nel colpo di fulmine durante la Seconda Guerra Mondiale e l’urlo straziante lanciato in una libreria in fiamme. L’amore che angelo e demone hanno per l’umanità – e senza dirlo, l’uno per l’altro – è lo stesso che conquisterà lo spettatore. È la forza che li porterà davanti a Satana in persona (cameo di Benedict Cumberbatch) e a mettersi dalla parte del piccolo ma già letale Adam Young. Il finale poi, non rapido né assurdo o troppo sciocco, è la giusta chiusura dell’anello. Non servono battaglie epiche o fronzoli, quando basta la semplice scelta di un cuore bambino per rimandare il Caduto nel posto in cui deve stare. Perché noi siamo importanti, le nostre scelte fanno la differenza e laddove un Dio ineffabile resta muto osservatore, Aziraphale e Crowley, presenze paterne, coscienze sempre presenti, sono lì con fiducia e affetto, poiché anche supportare chi si ama e credere nelle altrui capacità, è una lezione vecchia quanto la Terra, ma che va ripassata, condivisa e nei giorni a venire, perpetrata. Sulle note di A Nightingale Sang in Berkeley Square e davanti a un pranzo consumato al Ritz, ogni vita prosegue nelle ore, come se nulla fosse stato, nulla accaduto. Eppure cercando quell’usignolo, una piccola certezza si libera: la differenza c’è, si sente e noi, che ne abbiamo preso parte, non siamo più gli stessi.
Good Omens è davvero una delle migliori serie tv prodotte in questi ultimi anni e accoglierla, farla nostra, è uno dei più bei regali che possiamo farci. Neil e Terry aspettano solo voi.
Laura