I see skies of blue and I see clouds of white
And the brightness of day
I like the dark
And I think to myself what a wonderful world”.

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Sulle note del successo degli anni ‘30 “Somewhere over the Rainbow” si snoda il drammatico passato della diva Judy Garland, una storia densa di emozioni, insicurezze e fragilità, che ha il volto della mitica Renée Zellweger. Il film, diretto da Rupert Goold, è l’adattamento cinematografico del dramma teatrale “End of the Rainbow” di Peter Quilter e narra gli ultimi mesi di vita della cantante, una donna tormentata dai mostri del passato e dalla lotta per la custodia dei suoi bambini. Attraverso l’interpretazione magistrale della Zellweger lo spettatore si immerge totalmente nella psiche della protagonista, un’anti-diva che, nonostante i suoi errori, è riuscita a farsi amare dal suo pubblico fino alla fine. Ciò che traspare chiaramente dalla profonda sceneggiatura di Tom Edge è l’unicità di quest’artista, capace di incantare milioni di persone con la sua voce, malgrado i suoi turbamenti interiori.

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La mancanza di sonno, l’eccessiva magrezza e tutti comportamenti ad essi connessi sono sapientemente messi in scena dalla Zellweger, in una performance curata nei minimi dettagli, dal canto e la danza fino al modo di maneggiare il microfono. Judy è meticolosamente incentrato su di lei, permettendo alla protagonista di dare sfoggio di tutte le sue qualità.

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Sebbene i tempi siano piuttosto dilatati e a tratti il film risulti ripetitivo, resta comunque un prodotto di altissimo livello, che rende omaggio ad una diva poco conosciuta dalla nostra generazione, ma che merita di essere ricordata per il suo coraggio e la sua determinazione che, come l’arcobaleno da lei cantato, illumina i cuori del pubblico.

Riccardo