Questa recensione nasce dal cuore, è un pezzo che non pensavo avrei scritto e sorprende me stessa quanto The Two Popes ha saputo commuovermi a sua volta. Consapevole del cast, non troppo entusiasta del soggetto, l’ho visto in un impeto del momento, senza troppe domande o ricerche del caso. Così il film ha deciso di darmi in cambio anima e delicatezza, svoltando un pomeriggio come tanti.
Non è complesso inquadrarlo, poiché nasce da una semplice quotidianità, prima celata e poco per volta svelata, ma trovo sia altrettanto arduo scegliere le giuste parole per farne un buon acquerello d’inizio, senza palesarne troppo la natura. Due papi. In fondo è tutto molto semplice. Due pilastri, Anthony Hopkins – che interpreta Papa Ratzinger, emblema del pensiero conservatore – e Jonathan Pryce – nei panni dell’attuale Papa Bergoglio, spirito più elastico destinato a soppiantare il vecchio. Il film inizia con tagli e inquadrature specifiche dettate a delineare una pellicola a volte finto-documentaristica; questo fa sì che i dialoghi portanti della sceneggiatura, risultino in scena come interviste mai mostrate al pubblico e per tale ragione, ne percepiremo un forte senso intimo e segreto. Segreto come lo sono gli scandali del Vaticano e intimo come lo sono gli animi di questi due uomini, i quali seppur vestiti di tutta toga, nel corso del film si spoglieranno di ogni titolo e simbolo, mostrandoci i loro sbagli, peccati, paure, colpe ma anche speranze. A Anthony McCarten si deve il merito di tale sceneggiatura che se ne vede bene dal giustificarli, ma ne descrive le nature opposte bardate da un dogma che le innalza al di sopra dell’umanità e per tanto, con molta facilità, siano queste destinate a deludere e fallire – in scelte personali e in decisioni apportate dal mix di due formazioni giovanili differenti e dal momento storico vissuto.

Attraverso dialoghi presunto-fittizi adornati di tenero ma non ridondante humor, I Due Papi iniziano a svelarsi mettendo in gioco il botta e risposta serrato e viscerale preso in dotazione dall’arte teatrale (non da meno il lungometraggio è tratto dall’opera in stage firmata dallo stesso McCarten). A questo si interscambiano i flashback di Papa Bergoglio, i quali mostrano un vero spaccato dell’Argentina sotto dittatura militare negli anni 70. L’occhio peculiare con cui gli eventi vengono allestiti è del regista Fernando Meirelle. Con la dovuta attenzione sa cogliere sapori e tensioni restando legato a un minimalismo valorizzato a sua volta dalla fotografia – prima pastello poi bianco e nero – di César Charlone.
L’intenzione tutta è dunque “quella di esplorare le relazioni e le diverse visioni del mondo dei due più potenti leader della Chiesa cattolica e in che modo il passato e la storia personale di entrambi abbia influito, e stia influendo, sui loro pontificati” stando alle parole di McCarten. The Two Popes prosegue quel filone iniziato con The Crown e di cui abbiamo ancora molto bisogno, il quale verte a denudare antiche e ancora presenti tradizioni, svelando l’uomo, le sue imperfezioni, ma ancora la sua fragile forza nel volerne porre rimedio. Il lucido rispetto con cui il tutto è stato eseguito, è la fonte stessa dell’intimità che ho colto durante la visione ed è, per certo, il dono più grande che questo film abbia saputo darmi.
Laura