A tutti noi fan di Star Wars.
Premessa doverosa. Non aspettatevi una canonica recensione del nono episodio di Star Wars. In tutta onestà, sento di non esser adatta a scriverne una – troppe emozioni, troppi pensieri – e per certo potrete trovarne tante altre sicuramente più oggettive e lucide di quanto potrei mai farle io. Questa sarà solo una pagina di diario, un personale modo per omaggiare la saga nel ricordo di ciò che è stata e ciò che tuttora rappresenta.

– A Star Wars Tribute –
Tanto tempo fa in una galassia lontana lontana …
… vivevano due ragazzi. Si può dire molto diversi, molto distanti, decisamente con la stessa immaginazione evolutiva e simili interessi. Si sarebbero incontrati per la prima volta nel 1977, nella sala di un cinema. Questa non è una storia di amicizia – non nel senso stretto del termine – ma certamente lo è di gratitudine. Il primo ragazzo si forma durante gli anni della Guerra Fredda. Non vi è nemmeno il tempo di credere in un fragile equilibrio, che successivamente scoppia il conflitto contro il Vietnam. Il ragazzo ha una mente immaginifica ma ancora non lo sa, ha una fantasia assorbente ma ciò che lo circonda lo opprime troppo per trovare i giusti mezzi a volarsene via. Il suo primo appiglio gli viene dalla letteratura: fantasy, avventura, un po’ di fantascienza, insomma tutto ciò che poteva irretire la mente febbrile di un giovane altrettanto deciso a scrivere la sua di storia. Sonda le mitologie e i loro archetipi, si focalizza sui topos fiabeschi e in Joseph John Cambell trova il giusto mentore che lo inizierà alle letture più specifiche del caso. Attraverso il professore e i suoi saggi, scoprirà l’importanza spirituale e mistica della religione, partendo dal cattolicesimo unendo i punti fino alle filosofie orientali. La sua seconda àncora diventa il cinema e in un periodo in cui quello americano era pregno dell’esaltazione della guerra e i “musi gialli” la facevano da villain predominanti, il ragazzo va controcorrente, si lascia ammaliare dalla cultura giapponese; non la scansa ma la accoglie e lo fa attraverso Akira Kurosawa. La sua mente ora è un terreno fertile, dopo due prime prove registiche buone ma non troppo azzardate o di slancio, inizia a scrivere.

Guerre Stellari. Così viene annunciato in Italia e vi assicuro, nessuno ci avrebbe scommesso, tanto che il ragazzo, lo scrive come film autoconclusivo. Era solo la punta dell’iceberg, al di sotto, racchiudeva già tutto ciò che sarebbe stato.
L’inizio del film equivalse ad uno scossone, lo spettatore, sconvolto e rapito, venne agganciato alla vecchia maniera – come solo un buon libro sa fare – attraverso la lettura dell’incipit. La theme d’apertura, ormai iconica del compositore e maestro John Williams, fece il resto incatenando lo spettatore alla poltrona e cogliendone a pieno l’attenzione. Il ragazzo era riuscito nell’impossibile: il fenomeno globale che sarebbe diventato Star Wars, viveva ora su celluloide e univa un linguaggio audiovisivo di matrice cinematografica a quello più diretto, estetico e ricercato di pianta fumettistica, calzati entrambi dall’eloquenza semplice – alla portata di tutti – tipica del mezzo televisivo.

Destino volle che l’altro giovane (non vi sarete dimenticati di lui, spero) fosse proprio davanti a quello schermo, nel cinema del paese in cui viveva. Come già anticipato fu l’inizio di un’amicizia nata per passioni e avidità di sogni, poco importava che ci fossero mille miglia a dividerli: da una parte, l’uno aveva trovato la sua strada e l’altro vi si era imbattuto, e notò, tra un duello di spada laser e l’altro, quanto effettivamente tutto di quel film parlasse al suo cuore. Luke Skywalker divenne il compagno fidato, colui che, come molti per ogni generazione, andava cercando sé stesso e la sua formazione (il topos dell’avventura e dell’eroe pronto ad affrontarla), Obi-Wan Kenobi fu il mentore a cui affidarsi (il vecchio saggio), Han Solo portò la vena western e canzonatoria di un pirata dello spazio (l’aiutante con tanto di mascotte), Leia Organa stravolse l’idea di donzella in pericolo entrando per prima in azione (la principessa da non-salvare). Non sarebbe mancato un cattivo di prim’ordine che con maschera e mantello si mostrò per la prima volta al mondo come un vero samurai nero. Con il respiro metallico e graffiante Darth Vader apportò la firma che ancora oggi lo vede tra le grandi icone, al tavolo onorario della storia del cinema. Star Wars fu percepito dal pubblico come il connubio perfetto di epica e fiaba. Le gesta della famiglia Skywalker non avrebbero invidiato nulla a quelle degli eroi dei poemi greci. Come ciliegina, il franchise dimostrò di saper unire perfettamente fantasy e fantascienza relegando l’ultima a una più empirica visione – gestita dunque non per mezzo di regole scientifiche ma bensì per quotidiana richiesta del mondo narrato (caratteristica legata invece al primo genere sopracitato). Quando si pensa a questi film ci vengono in mente cavalieri e iperspazio, imperatrici e navicelle in egual misura, ma le basi rimangono cavalleresche e l’aspetto sci-fi ne definisce puramente le ambientazioni (interplanetarie) o la tecnologia (estremamente avanza).
Chi sedeva al cinema ne fu colpito e ne uscì entusiasta. L’idea di essere un cavaliere, far parte di un ordine, avere una propria dottrina e usarla per il bene superiore, salvando principesse e pianeti, e farlo nello spazio, per giunta, era qualcosa di inimmaginabile eppure stava accadendo. A quel ragazzo fu dato il più meraviglioso dei doni. Ora, la storia si fa un po’ lunga. Il giovane si sposò, ebbe figli bla bla bla. A loro volta i suoi tre bambini iniziarono a conoscere la Star Wars Saga, inizialmente senza comprenderla a fondo – bastava un urlo di Chewbecca o la faccia buffa di Harrison Ford per farli ridere e a loro tanto bastava. Poi con l’avvenire della trilogia prequel e della pubertà mista a qualche consapevolezza in più, anche loro sentirono la chiamata e divenire fieri paladini al fianco dei cavalieri Jedi, fu un attimo. Bè io no, non sempre, a volte bramo ancora l’illimitato potere dei Sith ma principalmente sono una brava persona. Già, ci sono anch’io, non ve lo avevo detto! Quel ragazzo al cinema era mio padre. La sua storia è la mia come può esserlo quella di chiunque altro, perché ci siamo e siamo in tanti, tutti sparsi, chiassosi o silenziosi ma ci siamo. Tutti passati davanti allo schermo fraternizzando con il lontano George Lucas e la sua galassia lontana lontana.
Per quel che riguarda me, poche cose mi sono care come lo è Anakin Skywalker; lui e il suo vuoto, il suo dolore, le sue gioie e paure, la sua rabbia, la disperazione, la lotta interiore e infine la tanto agognata redenzione. Anakin è tutte le volte che sono caduta e non ce l’ho fatta. Anakin che è stato eroe, antieroe e antagonista di sé stesso; tutto in un’unica entità. Altrettanto importanti i suoi gemelli Luke e Leia – che da compagni di gioco, sono ora diventati mentori fedeli. Una famiglia a cui non intendo rinunciare e di cui fa anche parte Obi-Wan Kenobi e il suo solerte animo buono – le vesti giovanili che trovano forma in Ewan McGregor hanno contribuito ad incrementare l’interesse, non lo nego. E non preoccuparti Harrison, lo stesso vale per te e il tuo Han Solo.
In vista dell’ancora fresca conclusione della saga sequel – per quanto la trovi tristemente sgraziata sotto molti punti di vista – non ho dubbi sul fatto che essa riuscirà, come le precedenti, a donare rappresentanza e meraviglia alle nuove generazioni perché, in fondo, è quel che ha lasciato, quel che ha trasmesso ciò che conta.
Tirando così le fila di questo incessante fiume in piena, concludo con una certezza: forse sarei una persona un tantino diversa senza Star Wars e il concetto della Forza. Che significato potente e inestimabile quello della Forza! È tutto ciò che ci circonda e ne è parte integrante, lega esseri viventi nei luoghi e nel tempo. Essa è di tutti poiché tutti ne siamo avvolti, ma per sentirla e farla propria, serve intraprendere un cammino spirituale, un cammino Jedi, così da percepirla come equilibrio desiderato o come spinta nel momento del bisogno. Il concetto è intrinseco agli aspetti di una fede religiosa ma ponendola a un livello più semplice, la Forza altri non è che la Speranza; sempre con noi anche quando non la sentiamo. E come Jedi dobbiamo allenarci per trovarla, sentirla e tramite il suo vigore, agire di conseguenza. Un messaggio simile cambia le menti e le arricchisce.
Quando ci sentirete dire Che la Forza sia con te! non prendeteci in giro, è il più sincero augurio che potremmo farvi. E noi ci crediamo davvero.
Note e riferimenti da “La Forza Sia Con Voi” di Paolo Gulisano e Filippo Rossi.
Laura
