Ognuno di noi conta un turning point, un certo film del cuore che lo ha cresciuto, lo ha reso consapevole e da lì, condotto verso passioni ed interessi da condividere o da risparmiare nel proprio cuore. Ebbene sono certa che Enola Holmes – per la regia di Harry Bradbeer e tratto dal romanzo di Nancy Springer – abbia le carte in regola per diventare il turning point di molti giovani, sia pure con tutti i difetti che il film comporta. Si nota subito infatti una lettura selettiva che, con molte probabilità, intende trascurare le fasce più adulte, ed esse senza scrupoli ma con ragione, non mancheranno di sottolinearne la noia o la lunghezza eccesiva per un contenuto così minimo. Detto questo, il consiglio spassionato che posso dare, è quello di lasciarsi avvolgere dall’atmosfera crime mystery a prova di bambino, rifarsi gli occhi su una ben più pulita Londra vittoriana e abbracciare le lezioni d’intraprendenza (e indipendenza) di Enola. Millie Bobby Brown è un tutt’uno con la terza Holmes, ne porta i panni con disinvoltura, divertendosi e divertendo – anche grazie alla sceneggiatura di Jack Thorne, la quale forgia per lei un personaggio calzante, spesso brioso ma mai troppo forzato o eccessivo. Rompe la quarta parete con naturalezza, confermando forse, quanto tale atto sia ormai il marchio che delinea il genere, se non pure la firma di tutti gli Holmes giunti a noi siano ad oggi.

Dopotutto come non notare quanto, sia la grafica che l’intreccio flashback/flashforward, rimandino allo urban-period “Sherlock Holmes” di Guy Ritchie? Altrettanto intelligente è stato introdurre il personaggio della protagonista – in quanto terzo Holmes così poco conosciuto, se non, strizzando l’occhio a Doyle, mai citato – in un contesto storico ristretto per le donne e che permettesse la plausibile spiegazione di un tale silenzio a riguardo. Enola è una ragazza in un mondo di uomini, sin da bambina impara a cavarsela da sola, accetterà che potrà ritrovarsi sola (da qui come un destino scelto, il nome che al contrario significa proprio “alone”). Ma lei stessa comprenderà quanto significhi per una giovane donna – soprattutto del suo tempo – scoprire la propria strada con le sue sole forze, senza mariti o indottrinamenti; esser soli non significa esser solitari. E se il futuro dipende da lei e dalle proprie scelte autonome, non potrà mai dirsi allo sbando, legata com’è al ventaglio pittoresco degli affetti famigliari: la madre Eudoria Holmes (Helena Bonham Carter – e se crescer bene era una possibilità, con una madre simile, dico io, diventa assoluta certezza!), è sua spalla per una vita intera e da lei verrà istruita ed allenata alle meno convenzionali arti del tempo; il fratello Sherlock (un forse troppo tenero ma ugualmente acuto Henry Cavill) il quale la comprende, in quanto simili d’animo e perché entrambi minori a un Mycroft (Sam Claflin) ben più rigido, esasperante e addirittura dispotico. Sarà però il giovane Lord Tewkesbury (Louis Partridge) – con il quale Enola intreccerà un’amicizia spiritosa, basata su rispetto e fiducia – a vivere con lei la maggior parte delle avventure.

A conti fatti, il film sembra essere il primo di altri possibili titoli, un mattone per la dimora tutta indagini e investigazioni targate Enola Holmes. L’idea spaventa i più e fa rizzare i capelli a molti fan del detective di Baker Street. Personalmente posso espormi solo per ciò che già abbiamo. Sono contenta che le sia stata data una possibilità. La piccola me avrebbe pagato oro per un film con una giovane detective per protagonista e avrebbe speso ore a immedesimarsi, cercando indizi o riempiendo agende con le più disparate nozioni. La piccola me, così come la grande, può dirsi soddisfatta e felice d’aver conosciuto Enola Holmes.
Il film distribuito da Netflix vi aspetta sulla piattaforma streaming dal 23 settembre.
Laura
