ATTENZIONE: vi avvisiamo che il seguente articolo contiene diversi spoiler, dunque continuate la lettura a vostro rischio e pericolo e non venite da noi a piagnucolare come Hughie!

Era il 2008 quando le fumetterie accolsero il primo numero di The Boys firmato dagli autori Garth Ennis (testi) e Darick Robertson (disegni) “Le Regole del Gioco”, il primo di una lunga e fortunata serie che continua ancora oggi. C’è tutto un genere dissacrante, osceno, sprezzante e senza limiti in The Boys, che conta altrettanti titoli, quali più o meno conosciuti. Su pellicola, il primo ad aver portato alla luce il genere, è stato Kick-Ass (2010) – estrapolato dal cartaceo firmato Mark Millar e disegnato da John Romita Jr. Seguì qualche anno dopo, seppur con qualche vena più glam, Kingsman (film del 2014, connubio delle menti Millar/Gibbons). Il successo è immediato: il sottogenere del dissacrante e splatter che prende di mira il proprio mondo fumettistico screditando i tanto amati supereroi, conquista il pubblico. Assorbe il lettore come se quest’ultimo stesse assistendo a una rivincita dei figli di Saturno, i quali, ribellatosi, sono pronti a divorare la loro stessa matrice, a farne carne nuova e disintegrare ogni regola narrativa possibile. Eroi? Dimenticateli. Buoni o cattivi? Suvvia, sul serio? Ci sono solo antieroi e sono tutti incazzati con il mondo! Se questi sono alcuni dei titoli più ricorrenti, non bisogna però mai scordare grazie a chi, certe porte sono state aperte. Sto parlando del sempiterno Watchmen, capolavoro di Alan Moore e del disegnatore Dave Gibbons – il quale conta anch’esso, dopo il film del 2009 di Zack Snyder, la serie tv omonima dell’HBO. Il cambio del paradigma classico avviene proprio attraverso quest’opera evolutiva: il supereroe come entità moralmente integra non esiste più. Vero è che Watchmen servì a irretire un pubblico più maturo, e presentò temi profondi quali questioni filosofiche, scientifiche, sociali e politiche ma l’impronta è tale che, per chi la serie l’ha già vista, riscontrerà in The Boys tematiche simili. Anzi in un certo senso, il prodotto televisivo – confrontato al cartaceo, che merita uguale attenzione – si dimostrerà ancora più catalizzante sotto questo aspetto.

Insomma I Ragazzi non ce ne risparmiano neanche una!

Spesso è un’impresa ardua non deludere le aspettative proponendo il seguito di una prima stagione partita col botto e che ha messo d’accordo pressoché tutti fra pubblico e stampa, ma la seconda stagione di The Boys non teme alcun confronto, alzando l’asticella della satira ed i litri di sangue. Se era evidente come nella prima stagione la critica era rivolta all’uso spasmodico dei social media, strumenti ed armi capaci di innalzare o demolire l’immagine di un personaggio pubblico, in questo caso dei supereroi della Vought i quali nascondono dissolutezza e corruzione sotto alle tutine scintillanti e patinate, la seconda stagione evidenzia il marciume della politica, quella odierna, quella trumpiana in cui la paura del diverso genera violenza ed in cui non esiste alcuna forma d’integrazione.

Ciò che salta all’occhio, nel corso della seconda stagione, sono le dualità create attraverso personaggi nuovi o ricorrenti che sono pilastri della storia stessa. Soffermiamoci ad esempio sulle figure femminili. È qui che spicca il vero villain della serie: Stormfront, interpretata da Aya Cash.

Viene presentata come nuovo membro dei Sette, una donna che non si fa mettere i piedi in testa da nessuno, che agli show televisivi non accetta di recitare il ruolo dell’eroina a modo e che ha sempre parole giuste e di conforto, bensì lei urla, incita il popolo a non credere a ciò che vedono, esorta le donne a farsi valere e diciamocelo, tutti inizialmente abbiamo simpatizzato per lei. Ma dietro a tutti quei discorsi pubblici c’era ben altro di un semplice teatrino da quattro soldi. Stormfront è più cattiva di quanto appare, un genere di cattiveria che ha radici molto profonde. Perché in The Boys abbiamo visto di tutto, dai neonati dai cui occhi uscivano raggi laser a teste esplose in sequenza come fuochi d’artificio a capodanno, ma ci mancava un supereroe nazista, no? Mentre il suo collega Patriota è unicamente interessato al farsi amare e venerare da tutti, Stormfront vede nel popolo di fan uno strumento di rivolta, un facile aggancio per manipolare persone troppo assuefatte dai social media per farsi una propria opinione sul mondo, ed ecco che la dissacrante e sadica anti-eroina con l’undercut izza la massa ad odiare lo straniero, disprezzare il diverso, calpestare l’oppresso, perché a detta sua siamo di fronte ad un genocidio bianco di tutta regola. Ok, ora la state odiando anche voi, vero? E come se non bastasse, non si fa il benché minimo scrupolo ad usare un bambino innocente, il figlio di Patriota, per manipolare quest’ultimo affinché possa unirsi alla sua causa e rivendicare i principi nazisti a cui è legata. Sfortunatamente per lei, a bloccare la sua sete di vendetta sarà proprio colui che è sempre stato più distante dalla società e che dunque non è stato corrotto in alcun modo, ma che desiderava solamente salvare chi amava.

Ma se da una parte abbiamo un’invasata sostenitrice di Hitler e di un’ideologia sovranista che ha ancora un forte appiglio sulla società d’oggi (ahimè), la sua controparte femminile è una supereroina che nella prima stagione non ha trovato il giusto spazio per evolversi: Queen Maeve, interpretata da Dominique McElligott. Spalla di Patriota in pubblico e sul campo di battaglia, Maeve è sempre stata schiacciata dall’ombra del suo collega di lavoro, ma i sensi di colpa ed il desiderio di una vita normale accendono in lei la scintilla per farsi valere una volta per tutte. All’inizio della seconda stagione la troviamo vittima di un coming out da lei non voluto e costretta a girare ridicoli spot pubblicitari con la sua fidanzata in quanto figura di spicco nella comunità LGBT (notare come la Vought strumentalizzi il suo orientamento sessuale presentandola come la prima supereroina lesbica, fregandosene però del fatto che Maeve si dichiari bisessuale). Ma è forse proprio in questa corsa disperata verso una normalità per lei impossibile – d’altronde quale super può condurre davvero una vita come un qualsiasi mortale? – che Maeve trova il suo posto nel mondo, ricoprendo il ruolo per cui è nata e cioè una paladina della giustizia pronta a scazzottare anche i suoi stessi compagni di squadra pur di difendere i propri amici e preservare ciò che è onesto.

C’è da evidenziare come tutti i personaggi femminili di spicco di questa serie, ad eccezione di Stormfront che fa la fine che merita, riescano a redimersi ed a staccarsi da un passato troppo tossico e deleterio per loro: Starlight abbandona la rigida condotta della madre e diventa l’eroina corretta e giusta che aspirava da sempre di divenire, un membro dei Sette rispettato e che non teme il confronto; Kimiko, forse anche per la presenza di Frenchie, sembra abbandonare la via della vendetta, e chissà che la terza stagione non consolidi questa stramba coppia che anche se non parlano la stessa lingua sembrano capirsi meglio di tutti gli altri personaggi.

Insomma c’è spazio per i The Boys ma anche per The Girls che come le tanto amate Spice Girls citate da Butcher in uno dei dialoghi più buffi della first season, funzionano meglio insieme che divise!

Tornando a parlare di dualità fra i personaggi, da una parte abbiamo Billy Butcher (interpretato da Karl Urban), leader dei Boys, tutto fuor che un santo, il quale dovrà fare i conti con i suoi limiti. La sottile linea che non riesce ad oltrepassare sta nelle sembianze del figlio Ryan che la moglie Rebecca ha avuto da Patriota. Gli episodi si susseguiranno passo passo smembrando l’animo di Butcher, il quale non può e non vuole accettare di allevare un superdotato, consapevole di quanto siano essi, non solo la feccia della società, ma anche la causa della piega infelice che ha preso la sua vita. Eppure l’amore e il rispetto provati per la moglie lo condurranno a una scelta, a un mutamento doveroso che lo renderà ancora una volta, il gran personaggio sfaccettato, ambiguo a cui ci hanno abituato. E se da una parte abbiamo Butcher che maturerà verso un nuovo percorso, dall’altra abbiamo Patriota (interpretato da Anthony Starr) la cui verve dissacrante è alle stelle. Prima si ridimensiona, pare quasi in meglio e per un bene a lui sconosciuto ma importante – la vicinanza al figlio – per poi esplodere tornando la mina vagante che conosciamo. Il leader dei Sette è deciso ad essere il padre che egli non ha mai avuto.

Non vuole offrire a Ryan un’infanzia sotto vetro e infelice, stampino della propria. Sarà attorno alla giovane figura del ragazzino, ancora piccolo e timoroso, che queste due entità maschili, assai diverse tra loro, ruoteranno costantemente. Dove Patriota fa passi avanti affrettati, dettati secondo lui da amore paterno, fanno spazio gesti e attimi di vera angoscia in puro stile dissacrante ed è qui che John, tutina stelle e strisce, dimostrerà l’incapacità del suo ruolo di genitore. Una volta toltogli il giocattolo da ammaestrare a sua immagine e somiglianza, pur con tutti i buoni propositi cementati nella sua testa, tornerà ad esser lo psicolabile leader dei Sette, al quale resta solo la propria rabbia da sfogare trastullandosi al chiaro di luna. E così contro ogni sua aspettativa, l’incombenza del figlio, ormai acquisito, resterà nelle mani di Butcher.

E forse è proprio fra tutte queste battaglie fra buoni e cattivi, giusti e sbagliati, supereroi ed antieroi, che perdiamo di vista probabilmente il cattivo più minaccioso fra tutti, quello che nessuno si aspetta, che manovra le persone a proprio piacimento dietro la maschera di una persona comune che opera nel giusto ma nasconde ben altro. Il plot-twist dell’episodio finale riserva non poche sorprese allo spettatore. Cosa ci riserverà la terza stagione già confermata? Butcher esaudirà il desiderio di Becca di diventare il padre che Ryan non ha mai avuto? Hughie riuscirà a trovare un posto rispettato nella società senza doversi sporcare nuovamente le mani di sangue dei super? – forti dubbi a riguardo visto dove si reca negli ultimi istanti del finale di stagione – Patriota verrà consumato dal suo narcisismo ed impazzirà o passerà dalla parte dei giusti? Il capo della Vought che piani ha per i suoi supereroi da copertina?

Tanti dubbi ma una sola certezza: non vediamo l’ora di divorare la terza stagione!

Laura ed Angelica