“A noi non piace il destino, perché il destino è il contrario della libertà”.
Il 3 settembre era una delle date più attese e temute (da me in primis che – ahimé – non ho il dono dell’ubiquità) in cui Venezia ha ospitato le premiere mondiali di Spencer, Dune e The Lost Daughter. Eppure quel giorno, un’opera altrettanto meritevole di attenzioni (ed elogi!) ha fatto il suo debutto in punta di piedi sul Lido.

Taranto. In un futuro apparentemente lontano, il filo spinato divide la città in due. Da una parte vi è la Taranto Nuova, benestante quasi vicina alla normalità; dall’altra vi è un’area più povera in cui regna il caos e bande criminali si scontrano sullo sfondo dell’acciaieria che continua ad allargare il divario. In un mondo sregolato, due orfani lottano per la sopravvivenza cercando in tutti i modi di entrare nella gang Le Formiche, capitanata dall’autoritario Testacalda (Alessandro Borghi).

Opera prima di Alessandro Celli presentata in concorso alla 36a edizione della Settimana della Critica, Mondocane è una ventata d’aria fresca nel panorama cinematografico italiano, tanto da non sembrare una produzione italiana. Merito anche di Matteo Rovere che da tempo, con la casa di produzione Groenlandia, investe nel cinema di genere confezionando dei veri e propri atti di coraggio.



Mondocane non si limita ad essere un film distopico che strizza l’occhio a Mad Max: Fury Road (2015), The Bad Batch (2016) e Blade Runner (1982) (un’inquadratura dell’acciaieria mi ha proprio proiettata in Blade Runner 2049 (2017), è stato piacevolmente inaspettato): mantiene una sua identità e – come le classi sociali che racconta – è composto da una stratificazione di tematiche che si rivolge ad un pubblico variegato e offre diverse chiavi di lettura. Forse era un po’ destino che venisse presentato lo stesso giorno di Dune, l’aurea da romanzo di formazione e la denuncia sociale-ambientale in un futuro prossimo sono il fil rouge che li unisce.

Cuore pulsante e anima del film è il rapporto che lega i due protagonisti, Mondocane (Dennis Protopapa) e Pisciasotto (Giuliano Soprano). La speranza e la voglia di cambiamento, quella desiderosa necessità di appartenere e trovare un proprio posto nel mondo che li unisce, fanno sì che diventino l’uno la famiglia dell’altro. L’unico che riesce ad intromettersi in questa fratellanza è Testacalda, il leader della baby gang Le Formiche. Il talento di Borghi avvolge e fortifica come una corazza la purezza incontaminata dei due ragazzini. La sua performance equilibrata e priva di sbavature, come il suo personaggio guida i suoi figliocci-soldatini, prende per mano gli altri membri del cast e li conduce per tutto il film. Con quel look alla Tom Hardy in Bronson (2008) è padrone della scena, domina le inquadrature senza mai oscurare gli altri. La sua generosità è il vero talento.

Malgrado la troppa carne sul fuoco, Mondocane scorre comunque lineare e si afferma con passo deciso nella kermesse veneziana (soprattutto in una giornata in cui rischiava di venire affossato dai film in Concorso e Fuori Concorso). Ha schivato brillantemente la corte inglese, il verme delle sabbie e le pigne assassine per giungere incolume (e si spera restare ancora a lungo) in sala.
“La curiosità ti salva”.
Marika
