Era il 2009 quando Jane Campion presentò al mondo “Bright Star”. Io ero molto più piccola, già innamorata della letteratura e dell’ispirazione che essa sapeva infondere. Campion, ugualmente fedele a questo gusto, dopo l’originalità del suo “Lezioni di Piano”, torna tra le pagine dei libri legandosi ancora una volta alla poesia, ai silenzi e all’estetismo. Dodici anni dopo riprende in mano penna e camera, scrive la sceneggiatura e ne dirige il film. Il suo nuovo titolo sarà The Power of Dog, tratto dal libro di Thomas Savage (edito in Italia da Neri Pozza).

Diventa il suo Leone d’Argento – Premio Speciale alla Regia – al Festival di Venezia 78, è il suo ritorno dopo il lungo silenzio, è l’ennesima prova che dimostra quanto siamo fortunati ad avere il suo punto di vista nel mondo del cinema. Quest’opera è, per tali motivi, un evento cinematografico.

Ambientato nel Montana degli anni 20, il soggetto di Savage pare essere fatto su misura per il gusto raffinato della regista neozelandese. La natura selvaggia, come sfondo e scena, le permette l’uso di campi-lunghi di taglio personale; i protagonisti nelle loro risonanze taciturne, stridono l’uno con l’altro offrendo, anche nel tipico silenzio campioano, atmosfere di forte tensione. In tutto il film permane il suggerimento del nascosto, dove la regista lavora per sottrazione senza togliere mai nulla all’essenziale. Se nel libro la rivelazione finale colpisce a parole, come pietra, su film il linguaggio trasmuta e, con abilità magistrale, ci viene mostrato. È un lento crescendo che trova il suo compimento nelle ultime scene rivelatrici, così chi prima sembrava preda, diventa ora predatore. Il disegno era tale sin dall’inizio, con tanto di dettagli e indizi, ma poiché è la regia a condurti dove vuole, la soluzione sarà chiara solo nel suo insieme, a film ormai compiuto. I protagonisti, scritti al minimo delle loro potenzialità, non risaltano mai l’uno sull’altro, sono anzi veicolanti alla trama; sono il mezzo, non il fine e quando ci alzeremo dalla poltrona per uscire dalla sala, sarà stata la storia a darci il colpo di grazia, non le sue singolari pedine. Per quanto possa sembrare un punto a sfavore, a mio avviso invece, è l’ennesima scelta stilistica che combacia perfettamente con la sensibilità della Campion. Pertanto abbiamo la vedova Rose (Kirsten Dunst), fragile ma ligia alla vita domestica, la cui attenzione va al figlio Peter (Kodi Smit-McPhee), ragazzo taciturno, schivo, particolare nei modi quanto negli interessi; abbiamo due fratelli essenzialmente diversi, il futuro marito della vedova, George (Jesse Plemons), il quale sa di gentilezza, pazienza e buone maniere, contrapposto a Phil (Benedict Cumberbatch), uomo dall’animo crudele e rude, devoto al suo ranch, ai cavalli e al pellame. Da predominante qual è, non accetterà di buon grado la moglie del fratello, né tanto meno quel nipote acquisito che vesserà con umiliazioni, prima di sentircisi irrimediabilmente attratto. Il lavoro di Cumberbatch – tanto discusso e di cui tanto si è parlato – è rifinito nel minimo dettaglio, si fa colonna portante dello sviluppo, ma proprio come le colonne che sorreggono le più elaborate navate, non intende davvero ottenere tutta l’attenzione, lascia invece allo spettatore il piacere di osservarlo nell’insieme che lo ospita. La stessa regia della Campion si fa meno personale per amor di trama e torna ad esser sé stessa, non a caso, nell’estetica scena in cui Phil è abbandonato ai suoi sensi, sdraiato su un prato – l’unico Eden a farlo sentire libero di denudarsi al mondo.

Quella è la firma di Jane Campion: la natura che contiene l’animo del personaggio e ne fa dei quadri. Ed è proprio in quel momento soggettivo – sia di Phil, sia della regista – che il ragazzo schivo diventa intruso, scopre il lato nascosto del rude mandriano e i poli della trama diventano opposti, si scambiano e niente sarà più come appare.
The Power of Dog è un crime camuffato da period drama con territori western a definirlo, ha il penetrante silenzio di un lento divenire: è l’ultima creatura della Campion e merita la nostra devota attenzione.
Bentornata a noi, Jane.
Distribuito dal 1° dicembre su tutte le piattaforme Netflix.
Laura
