!!!: Il mio consiglio è quello di leggere la recensione dopo aver visto il film. Alcune esperienze credo sia bello viverle incontaminat* da informazioni e pareri. A scatola chiusa.
È amore. Il carburante della Palma d’Oro del Festival di Cannes 2021 è l’amore.
Julia Ducournau è la seconda donna a vincere il premio per miglior film sulla Croisette, esattamente 28 anni dopo The Piano di Jane Campion. È la sua terza volta al festival, la prima nel 2011 col corto Junior; la seconda nel 2016 con Raw, presentato ne La Semaine de la Critique. Torna raccontando di una bambina a cui, a seguito di un incidente automobilistico, viene impiantata una placca di titanio nel cranio. Uno dei primi traumi a segnarla a vita.

Fin dalla scena di apertura è chiara la viscerale attrazione che ha nei confronti delle auto. La rivediamo adulta, silenziosa e con tanta rabbia repressa, che si esibisce in balli magnetici e carnali a delle fiere automobilistiche. Libera solo mentre danza, sfoga in atti violenti la sua incapacità a relazionarsi intimamente con le persone, lasciandosi alle spalle una scia di cadaveri.
Il numero di vittime che sta collezionando mina alla sua libertà, la decisione di fuggire viene presa dopo la notte in cui ha avuto un rapporto sessuale con una Cadillac, da cui ne consegue un’inusuale gravidanza. Alexia trova rifugio in una caserma di pompieri, assume l’identità del figlio scomparso del loro comandante imbottito di steroidi, Vincent.

Per un momento ho pensato di evitare di raccontare la trama, di descrivere solo le sensazioni che ho provato durante la visione, di come la mascherina nascondeva il mio sorriso estasiato di fronte a quello che prendeva (e cambiava) forma di fronte a me o di come ho faticato a soffocare il mio ghigno alla vista di una persona che ha abbandonato la sala dopo i primi venti minuti.
Sì, la protagonista resta incinta di una macchina, ma ha davvero importanza? Titane chiede allo spettatore di lasciarsi andare, di concedersi alla sospensione dalla realtà, di andare oltre la superficie e di addentrarsi nella profondità di questo trip allucinogeno che si fa veicolo di una storia d’amore universale.

È l’incontro di due corpi, le anime di Alexia (Agathe Rousselle, che scoperta incredibile) e Vincent (Vincent Lindon), incatenati nelle rispettive gabbie di solitudine che, inizialmente esitanti, si trovano e diventano senza alcuna forzatura l’uno la famiglia dell’altra.
Corpi fluidi, che si trasformano. Alexia e Vincent mutano continuamente nel corso del film. Alexia per sopravvivere diventa gradualmente Adrien, fascia le sue forme per nascondere la gravidanza, trascinandosi come una carcassa, mentre impara ad accettare – e conoscere – la vita che cresce nel suo ventre. Vincent, un po’ più loquace – talvolta insistente –, ogni sera si inietta steroidi, ha il fisico e l’atteggiamento del classico macho; poi danza, spazza via la patinatura da maschio alpha, permettendo a chi lo osserva di avere un assaggio della sua fragilità. Spesso è nella danza dei loro corpi che le loro identità si plasmano. Inizialmente entrambi compiono i loro riti (la fasciatura del corpo e l’iniezione degli steroidi) di nascosto, poi, per sbaglio o per volontà dell’altro si rivelano a vicenda. Dolcemente si prendono cura l’uno dell’altra, accettandosi senza pretendere cambiamenti. Vincent copre il ventre gonfio di Alexia/Adrien, mentre quest’ultim* inietta gli steroidi nel gluteo della sua nuova figura paterna. È amore.

Oltre qualsiasi schema, libera, irruente e provocatrice, la Ducournau non si pone limiti e in meno di due ore sorprende e sconvolge, avvolgendo con la macchina da presa i corpi che lei stessa ha modellato nelle sembianze – per l’appunto – di un body horror che sfida il Cinema stesso (sì, si respirano le atmosfere di Cronenberg e Lynch). Titane è una parabola senza pregiudizi che inneggia all’amore verso sé stessi, che ci incoraggia a vivere liberamente il rapporto con il nostro corpo e la nostra sessualità, un’opera che riscrive il concetto di famiglia e ribadisce l’importanza di non temere di andare fuori dai binari.

Niente di tutto ciò che ho scritto sopra sarà in grado di dare forma scritta alla gemma purissima nata dalla mente straordinaria e visionaria di Julia Ducournau. Per me Titane non è stata solo un’esperienza cinematografica unica ed irripetibile – a tratti disturbante, certo –, ma anche una presa di coscienza a livello personale: l’estremizzazione di alcuni comportamenti di Alexia ha fatto sì che comprendessi meglio me stessa, è stata una sorta di catarsi e il ricordo di ciò che ho vissuto in sala non mi abbandona.
Titane è un viaggio assurdo (puro! godimento! hashtag horny thoughts) che va vissuto in prima persona, in sala. Dal 1 ottobre al cinema. MACARENA!
♫ “Nessuno mi può giudicare, nemmeno tu”. ♫
Marika