“My house, my rules… my Golden Lion!” da qualche parte, esiste un cartellone simile.
L’8 settembre al Lido di Venezia, è sbarcata Jamie Lee Curtis ed è stata accolta, prima che dalla press conference, proprio da quel cartellone, al quale pare abbia risposto – con il suo tagliente tono, ormai marchio di fabbrica – “Davvero divertente!”.
Era l’inizio di una grande giornata, di quelle che solo Venezia sa donare – tra alti e bassi sì, ma per le quali, tolto tutto il superfluo, è il velo positivo che resta e rende il ricordo ineguagliabile.

Accolta in sala da ondate di applausi, Jamie Lee Curtis, in leopardato rosso, si porta sul palco e l’abbraccio per lei è da parte di tutti i presenti; da chi l’ha seguita negli anni, da chi la sta conoscendo di recente, da chi ne fa ricordo in commedie e infanzia – da chi, in fondo, sa riconoscere una star dell’Olimpo Hollywood, quando ne vede una. In quanto figlia d’arte, Curtis ha sempre sottolineato, con umiltà e stima, la fortuna avuta nel nascere in grembo hollywoodiano e di vivere in quell’habitat patinato dai più soltanto sognato. Per tanto l’esordio del suo discorso, è tutto per gli amati Tony Curtis e Janet Leigh, perché dice Jamie: “Con questo premio, così inaspettato, è come se steste omaggiando, tramite me, i miei genitori. In un qualche modo, so che sarebbero orgogliosi della loro bambina. Per questo il mio grazie, è anche a nome loro”.

A John Carpenter e Debra Hill vanno i successivi ringraziamenti, poiché firme essenziali del successo Laurie Strode vs Michael Myers: due entità consacrate al cult horror e definite nel fortunato sottogenere dello slasher.
Prima che il serial killer di Haddonfield scenda su di noi nel buio della sala, Curtis accetta, con commossa gratitudine, l’opportunità che le è stata data di esser lì, tra noi – dopo anni di carriera e difficoltà personali – e di averlo potuto fare “con mente chiara e sobria e con cuore aperto e incredibilmente grato”. La splendida umanità che quest’artista ha portato sul palco e che non manca mai di mostrare nella vita, mi riempie il cuore e di lacrime gli occhi. Le emozioni, come già preannunciato, sono tante e si fanno sentire. Le lasciamo scivolare con tutti gli applausi che possiamo offrirle, ancora e ancora.
Poco dopo torna sardonica e con mano ferma ci intima di sedersi e calmarsi. Per me è un segnale adrenalinico e mi carica come benzina per la visione che ci aspetta.
Lo devo a lei, quel coraggio che certo non mi riconosco, e che fa capolino in una persona stata da sempre agli antipodi degli horror.
Le luci si abbassano, ci mettiamo comodi e l’atmosfera si addensa: è arrivato il momento di dedicarci a David Gordon Green e alla sua creatura.
L’intro senza tempo di Halloween risuona nelle nostre orecchie e lo fa, per la prima volta, in cori femminili, così come al femminile è la triade generazionale protagonista del film. Ritornano Laurie Strode, sua figlia Karen (Judy Greer) e la nipote Allyson (Andi Matichak); le troviamo dove le avevamo lasciate, al cliffhanger precedente. Prima però ci viene offerto un excursus legato al film classico del 1978.

Quello che Halloween Kills vuole darci, è un anello saldo di congiunzione, il quale unisca le fila del cult e le novità del sequel, e David Gordon Green non delude, dimostrando di saperlo fare con lucida consapevolezza. Se il ritorno ad Halloween, tre anni fa, era materia nuova e inaspettata, con tanto di fotografia (di Michael Simmonds, sempre al timone anche per Kills) dai colori più oscuri e dark, il sequel promette sin dalle locandine, un rinnovato colore più accesso, dal tipico arancio-zucca alla bruciante luce degli incendi. Green si diverte ad omaggiare gli horror dell’epoca vintage con quel livello di serie b voluto, esposto sia nel disturbo della pellicola, che in alcune scelte poco lungimiranti prese dalle vittime di Myers, strizzando l’occhio – come spesso accade in questi film – al tragicomico. Il famoso serial killer è infatti sopravvissuto alla trappola di Strode e dall’incendio in cui lo avevamo lasciato, ne esce più forte e più terrificante di prima. La scia di sangue che porta con sé, ci riconduce a Haddonfield e il prologo che si lega all’accaduto di quarantatré anni fa, servirà per conoscere meglio i cittadini sopravvissuti, i quali, tanto quanto Laurie, hanno dovuto affrontare il trauma e sopravvivere nei giorni a venire. La peculiare intuizione di conferire al film una base più introspettiva e ricercata, lo rinnova, nonostante si parli dell’ennesimo titolo di un ciclo apparentemente infinito. Da qui l’inserimento, molto attuale, della psicosi collettiva che ha ben ragione d’esistere. Tutta la cittadina è stata vittima del killer ed è giunto il momento di mostrare come ognuno di loro intende reagire al ritorno di Michael Myers. Non è più solo la resa dei conti con Laurie Strode, ma il confronto diretto con tutta Haddonfield.

La soundtrack – complice in questo mutamento – si abbandonerà a momenti di puro sconforto e tristezza portando chi guarda a chiedersi, in fondo, chi sia davvero Michael Myers: se il mostro fuori di noi o quello dentro ognuno di noi. La musica è da sempre base solida della saga (Carpenter sia lodato), e anche stavolta ne cesella la personalità. In questo capitolo si evolse e si plasma in maniera tale da irretire lo spettatore, non più solo nella paura, ma anche in un groviglio di sensazioni più profonde che certamente non ci si aspetta da un film simile. Pur mantenendo un profilo basso, senza seri intenti per un prodotto volutamente pensato per il settore videoludico, David Gordon Green rende Halloween Kills – e con esso anche i due predecessori – una storia più grigia e sotto sotto, più reale. Unendo il vecchio e il nuovo ed intrecciando Strode in relazione a tutto il resto, si tenta quasi di liberarla dal suo ruolo centrale di protagonista.
Mi sentivo dire mentalmente: “Per anni ci hai salvato il culo, Laurie. Ora tocca a noi”.

Ma sarà davvero così? Non si è mai visto un Halloween senza Michael Myers, ma è altrettanto vero che non esisterebbe Myers senza Laurie Strode. Sono e saranno sempre due facce della stessa medaglia e Jamie Lee Curtis afferma d’aver già letto la sceneggiatura del successivo e conclusivo Halloween Ends – viene quasi da pensare che sia l’unica al mondo, insieme a Green, che sappia già di che morte morire. Sono però troppo scaramantica per scrivere nero su bianco quel che penso e, dopotutto, le porte aperte da questo secondo capitolo, possono essere disparate.
Ripongo nelle mani di David Gordon Green piena fiducia; il suo tocco consapevole, per certi versi lungimirante, nei confronti della saga cult, mi ha per paradosso rasserenata.
Ora sta a voi però scoprire se sarete capaci di sopravvivere al titolo di quest’anno e come Jamie prepararsi per la fine.
Halloween Kills vi aspetta nelle sale italiane dal 21 ottobre. Non fate incazzare Michael, andate in sala!
Laura