Nove anni dopo il suo capolavoro, Holy Motors, è tornato. Leos Carax è tornato. La pandemia ci ha forzat* ad attendere un anno in più del previsto, ma Annette è finalmente nostro.

Vincitore del Premio per la Miglior Regia, Annette ha aperto le danze della 74a edizione del Festival di Cannes. Ancora frastornata dalla visione in sala, mi viene chiesta a cena la trama del film. Mi blocco col bicchiere a mezz’aria e riesco solo a dire: “La La Land sotto acidi”.
La storia, scritta – insieme alle canzoni – da Ron & Russell Mael anche conosciuti come Sparks, viene affidata alla direzione dell’enigmatico e anti-commerciale Leos Carax. Annette non solo è il suo primo musical, segna anche il suo debutto in lingua inglese.


Annette è la bambina nata dall’unione dello stand-up comedian Henry McHenry (un mastodontico Adam Driver) e il soprano Ann (un’eterea Marion Cotillard). Annette ha ereditato dalla madre la stessa voce miracolosa. Annette è una marionetta, letteralmente.
Non è un caso che sia ambientato a Los Angeles. Annette in un certo senso rappresenta coloro che restano incastrati, alienati e spremuti dallo star system. [SPOILER] E la vedremo con le sembianze di un burattino fino a quando non sarà libera. [SPOILER]

In una messa in scena teatrale, Carax si destreggia fra realtà e finzione – forse un po’ prolisso questa volta –, confezionando inquadrature impattanti servendosi di luci, colori e scenografie suggestive. Il verde è ormai la sua costante dal corto Merde (contenuto nel lungometraggio Tokyo! del 2008), poi ritrovato in Holy Motors (2012) nel personaggio di Monsieur Oscar, ed infine ereditato da Henry in Annette, creando una sorta di continuità fra queste personalità fuori dal comune e molto simili fra loro. Ann, infatti, non indossa e non viene mai associata al verde, Carax ha scelto per lei principalmente il giallo e il rosso, entrambi specchio della gioia e dell’amore che irradia.



Ad interrompere l’idillio della favola dark e noir del regista francese vi sono dei momenti grotteschi – come i notiziari che squarciano la scena – che non inquinano la visione, smorzano l’atmosfera ed accentuano le dinamiche assurde legate al concetto fama.

Tuttavia, questa è la mia interpretazione del film. Prendendo le distanze ci si accorge come Annette non abbia una tematica principale che si impone sulle altre: ogni spettatore coglierà una chiave di lettura diversa. Per me è stata la tossicità all’interno di Hollywood, per altri è il rapporto problematico fra un padre e sua figlia, per altri ancora è principalmente il divismo e cosa si è disposti a fare per ottenere successo, per alcuni una storia d’amore travagliata e per un’altra fetta di pubblico invece è semplicemente un musical fuori dall’ordinario nonché l’elaborazione di un lutto.
Passionale, visionario, e costantemente mutevole, Annette non delude le aspettative, fedele alla poetica peculiare di Carax è destinato a rimanere impresso (e sicuramente dividere il pubblico).
Dal 2 dicembre al cinema. So may we start?
Marika
