Cyrano de Bergerac è un personaggio di primo acchito eccentrico e un po’ spavaldo. Continua a conquistarci perché sotto sotto è mosso da poetica malinconia e fa delle parole, prima ancora che della spada, la sua arma migliore; in esse si cela tutta la sua umana fragilità. Cyrano vive dal 1897 grazie alla penna del drammaturgo francese Edmond Rostand e da allora le sue versioni sul palco sono state le più disparate. Per il grande schermo, se ne contano altre, diventate a loro modo e per periodo d’uscita, l’emblema immaginativo della trasposizione dell’opera – dopotutto, come dimenticarsi il memorabile Gérard Depardieu nel film del 1990? Non era dunque facile, riproporre una storia tanto rinomata e costruirla con novità ed estro artistico.

Stiamo però parlando di Joe Wright: nessuno meglio di lui sa confezionare classici tanto anticonvenzionali. Il regista è cresciuto con il teatro delle marionette dei genitori, e di tale influenza, non ne fa mistero. Cyrano ha l’incanto delle antiche pose in un riquadro di mondo dove sono le parole a guidare scelte, azioni, sviluppi e intrighi. Si respira anche l’aria della commedia d’arte e delle sue maschere – forse l’irriconoscibile e folkloristica Noto, tanto mediterranea nelle luci e nei colori, alimenta ancora di più l’effetto dell’antica base su cui il nostro teatro italiano mise radici. La bella Roxanne (un’incantevole Haley Bennett) ricorderà la bramata Colombina e Cyrano (un grandioso Peter Dinklage) come Arlecchino, nasconderà il suo amore poiché non socialmente adatto per dichiararsi alla donna amata – in questo caso, non per vestiario, ma per l’essenza. Infatti, Wright abbandona il nasone tipico di de Bergerac e lascia che sia la persona stessa nelle spoglie di Dinklage a conferire novità e libertà di linguaggio al personaggio. Dove l’acondroplasia vuole essere un limite per l’innamorato Cyrano – il quale decanterà l’amore per Roxanne di nascosto, dietro le vesti del giovane e aitante Christian (Kelvin Harrison Jr.) – diventerà anche spunto di inclusività e, in ambito registico, offrirà nuovi scorci, nei quali la camera di Wright giostrerà in acrobatiche riprese, tirando fuori il meglio, sia dal set scelto, che dai punti di vista del protagonista. Per concludere il quadro, Ben Mendelsohn indosserà perfettamente i panni del villain De Guiche: definendolo per musical, magistralmente capace di unire l’ossessione del Frollo di Notre Dame de Paris e la lascivia del Duca di Moulin Rouge!

Basato sul musical del 2018 scritto da Erica Schmidt – e proprio da quel palco, Dinklage e Bennett prelevati per lo stesso ruolo – il nuovo Cyrano, si muove dal teatro, ai duelli, sia di penna che di spada, fino alle oscure pendici dell’Etna in corso di guerra. Si rimane soggiogati con stupore e fascinazione, tanta è la maestria del regista londinese a mostrare la piccola cittadina siciliana con sguardo nuovo e, come le sue maschere in scena, conciata in vestiari mutevoli e suggestivi. Con le coreografie moderne tra ondeggianti svolazzi d’abiti d’epoca. Joe Wright dimostra d’esser tornato nel suo ambiente per eccellenza. Non si pone freni e non teme di offrirceli, straborda in esuberanza visiva e melodrammatica. La colonna sonora composta dai The National amalgama quest’estro alla conformità romantica del musical, il quale nel vedo/non vedo nasconde una nota di profonda delicatezza. I testi combaceranno con una melodia distinta e splendida nel suo genere per donare al film piena personalità. Unendo questo alla resa canora del cast, Cyrano (2021) nasce per farsi ricordare e si predispone a condurre il pubblico in un racconto la cui resa è eccezionale.

Esperimento spavaldo e spericolato del sempre nuovo Wright, sembra fosse scritto nel destino del regista da sempre, poiché del romantico ed elegante Orgoglio e Pregiudizio (2005) e del dinamico ed evolutivo Anna Karenina (2012), fa connubio.
È l’anima dell’opera drammatica che prende vita in uno stile tutto nuovo ed inebriante, vive per diventare l’istantaneo classico delle generazioni future.
Laura
