Dear Evan Hansen dipinge con dolcezza e rigore il fragile mondo dell’adolescenza, con le sue invalicabili incertezze e le sue amare fragilità. Evan, interpretato magistralmente da Ben Platt, è un adolescente rinchiuso nel grigiore della sua solitudine, alle prese con una paralisi sociale che lo riempie di insicurezze e timori, schernito dai suoi coetanei e lontano delle cure di un madre poco presente. Sin dalle prime scene il pubblico entra in empatia con il giovane protagonista, calandosi tutto d’un fiato nel suo complicato universo.

Narrato nella forma del musical, il film cresce di scena in scena fino ad esplodere nel drammatico atto finale, trattenendo lo spettatore in una stretta morsa, alternando momenti di pura ed ammaliante dolcezza con attimi di sconforto e dolore. Il lutto, l’amicizia, la famiglia, il primo innamoramento, sono tutti sviscerati nelle toccanti canzoni che accompagnano il racconto, creando un disegno così delicato da lasciar scottati anche i cuori più duri.

È un film che non ci si può scrollare facilmente di dosso, sicuramente anche grazie alle affascinanti interpretazioni di tutti i personaggi ed in primis quello dell’unica Amy Adams, nelle vesti dell’amorevole Cynthia. Sebbene mancasse dai grandi schermi da ben 3 anni, il suo ritorno in scena è trionfale, prende in mano il nostro cuore e ci accompagna nella sua tragica storia, con eleganza e dolcezza. Il suo ruolo di madre in lutto, è forse quello più affascinante, proprio per la sua tenacia nel voler riportare in vita il ricordo dell’incompreso figlio scomparso, legittimando la sua esistenza e restituendogli l’affetto che avrebbe meritato. Protagonista di un momento molto toccante è anche il premio Oscar Julianne Moore, che stupisce il pubblico con la sua prima performance canora nella potente scena di confronto con il figlio Evan.

La regia di Stephen Chbosky è fresca e coinvolgente, fa danzare la telecamera intorno alle storie di tutti questi personaggi, donando a tutti loro il proprio momento di luce. La lunghezza del film non compromette in nessun modo l’attenzione dello spettatore, al contrario lo ipnotizza catturandolo in un caldo abbraccio. Tutte le canzoni e le performance canore contribuiscono a rendere questo un film potente e drammatico, regalando finalmente notorietà al poco conosciuto spettacolo di Broadway. Dear Evan Hansen, grazie per averci svelato il potere dell’empatia, ricordandoci che non si è mai soli ma al contrario, come recita il ritornello della canzone più importante, “qualcuno ti troverà” e sarà pronto a fare un pezzo di vita al tuo fianco.
Riccardo

