Sei minuti.

Cosa sono per voi sei minuti? Un tempo così riduttivo, breve, di poca rilevanza. Sei minuti è approssimativamente quanto ci metto ogni mattina per fare una decente skincare del viso, a meno che non mi sia alzata con l’entusiasmo di un bradipo e dunque anche semplicemente gettarmi dell’acqua in faccia risulta un azione complessa. Sei minuti è il tempo che dedico a visionare la dispensa di casa e stilare una lista della spesa, cercando di non tralasciare nulla. Sei minuti è quanto mi serve la sera per decidere quale film guardare. Delle volte può servirmi molto più tempo e spesso questo significa che semplicemente non è il momento giusto per me e che forse sarebbe meglio spegnere tutto, dal computer al cervello, e dormire.

Sei minuti, che lasso di tempo banale per atti di routine quotidiana che non hanno nulla di eccezionale. Eppure quei sei minuti possono trasformarsi in un inferno per qualcun altro ed è ciò che accade ai protagonisti di The Fallout, film del 2021 diretto da Megan Park. Per tutto quel tempo gli adolescenti Vada (Jenna Ortega), Mia (Maddie Ziegler) e Quinton (Niles Fitch), nascosti in un bagno della loro scuola, assistono indirettamente ad una sparatoria ad opera di un loro coetaneo. Non vedono nulla se non le loro stesse facce spaventate, ma sentono ogni cosa: dai proiettili che fuoriescono dalla canna del fucile rimbombando nei corridoi, alle urla strazianti di coloro che si trovano sulla traiettoria di tiro dell’arma da fuoco. Quei sei minuti, così insignificanti per noi, sono per loro un’eternità, un’agonia che paralizza i muscoli del corpo, il respiro, mentre i pensieri vagano incontrollati.

Nel corso degni anni il cinema ci ha offerto diversi film il cui soggetto centrale è una sparatoria in uno scenario scolastico, basti pensare a Elephant, Polytechnique, …e ora parliamo di Kevin, Bowling for Columbine, Vox Lux. Eppure l’opera di Megan Park esplora questa tragedia con delicatezza, accuratezza e rispetto dei sentimenti altrui. Nessuna teatralità del massacro, nessun estremismo, solo molto calore. The Fallout è il sincero abbraccio di cui ogni vittima e spettatore di tali barbarie avrebbe bisogno.

A inizio film ci viene presentata Vada (Jenna Ortega), una sedicenne che non sembra prestare particolare attenzione al suo aspetto trasandato e che contrasta inevitabilmente con l’immagine della sorella minore Amelia (Lumi Pollack) invece molto impegnata ad apparire con un make-up sempre impeccabile, pronta a mettersi in mostra nei suoi profili social per non rimanere indietro con le mode del momento, d’altronde stiamo parlando della generazione z. Vada sembra così un alieno, disinteressata e lontana da quell’universo fatto di Instagram e video virali su Tik Tok, impossibile non prenderla in simpatia. Ma il dramma incombe ben presto su di lei e sulle vite delle persone che le stanno attorno.

E proprio da quell’incontro inaspettato nel bagno della scuola con la popolare Mia (Maddie Ziegler), ballerina di tendenza su ogni social, si crea un legame particolare, intimo e puro.

A guardarle, Vada e Mia non sembrano avere nulla in comune, a partire anche dal contesto familiare. La prima ha la fortuna di avere dei genitori che sanno ascoltarla, che non la ostacolano, la seconda invece ha delle figure genitoriali assenti, troppe impegnate col loro lavoro da esser attivamente presenti nella sua vita. È per questa ragione che Mia affoga i suoi tormenti nell’alcool e nella solitudine, rinchiudendosi fra quelle quattro mura di casa e lasciando entrare solo Vada. Quest’ultima invece affronta la tragedia in un modo differente: partecipa ad ogni memoriale e funerale dei suoi compagni deceduti, collezionando i ricordini lutto. Lo fa in maniera schematica, meccanica, quasi come se dovesse necessariamente farlo, spinta da una forza esterna.

Ma pian piano gli equilibri collassano, i legami vacillano, le nocive tentazioni si fanno avanti. Il meccanismo di difesa di Vada inizialmente freddo e scostante evidenzia le sue piccole crepe quando è costretta a confrontarsi col mondo esterno. La vediamo quasi infastidita davanti alla madre e alla sorellina che sorridono fra loro, quasi a significare che quella spontaneità, quel prendere la vita con leggerezza oramai non le appartiene più e sarà qualcosa non più in grado di sperimentare sulla propria pelle.

Vada inizia così un percorso terapeutico ma ci tengo a precisare che no, The Fallout non vuole focalizzarsi sulla terapia e si discosta ampliamente dall’immagine giudicante ed inflessibile che il cinema ha più volte mostrato dello psicologo. Qui a vestire i panni della terapista è Shailene Woodley che col suo modo di fare aperto e confortevole spazza via anni di stereotipi sulla suddetta professione medica.

Eppure, nonostante le due sole scene di confronto fra la terapeuta e Vada, il film ci offre così tanta potenza ed autenticità che è difficile non rimanerne colpiti nell’animo.

Ciò che vuole comunicare The Fallout è che non esiste una soluzione semplice, non si possono inscatolare le paure e chiuderle a chiave, non c’è risposta ovvia e metodo di recupero efficace per chiunque. E la bellezza di questo film sta proprio nella lenta metamorfosi dei personaggi attorno alla protagonista principale della storia.

Nick (Will Ropp), il migliore amico di Vada da una vita, sceglie di affrontare la tragedia facendosi portavoce e manifestando tutto il suo disprezzo nei confronti delle istituzioni che permettono ai giovani di impugnare un’arma, non proteggendoli affatto. Quinton (Niles Fitch), che si è nascosto con Vada e Mia nel bagno dopo aver assistito alla morte del fratello, sembra essere la persona più stabile emotivamente, affrontando le giornate un passo alla volta. I genitori di Vada hanno timore di sbagliare, non sapendo se lasciare eccessiva libertà alla figlia o risultare troppo opprimenti bersagliandola di domande su come vive le sue giornate. La sorella minore Amelia (Lumi Pollack) cerca in tutti i modi di attirare l’attenzione di Vada, risultando a tratti fastidiosa ed invadente, ma spinta da un sincero desiderio di riunirsi alla sorella, avvertendo la netta distanza che le separa.

La regista Megan Park riprende i tremori di Vada, così costanti che nel corso del film la stessa protagonista non sembra farci nemmeno più caso essendo diventati abitudinari. Ma sono i momenti di leggerezza, candore e luce a conferire a The Fallout il giusto rispetto nei riguardi di chi desidera superare il proprio trauma, dei tempi diversi con cui ogni persona sceglie di mettere piede fuori dalla porta di casa, ricordandoci che quei ricordi oscuri faranno sempre parte di noi e bisogna imparare a conviverci. Non è sbagliato avere paura, non è sbagliato avvertire dolore, non c’è motivo per provare vergogna o imbarazzo finché siamo sinceri coi nostri sentimenti.

Straordinaria la performance di Jenna Ortega, una giovane promessa del panorama odierno cinematografico. Da tenerla d’occhio, assolutamente. L’ultimo minuto del film mi ha così dilaniato nel profondo che ho genuinamente pianto.

Consiglio a chiunque di guardare The Fallout, col proprio cuore fra le mani e la mente aperta.

Angelica