Alla larga voi che avete contribuito a costruire questa società eteronormativa, alla larga! Se non si fosse capito, i Pirati sono di nostra proprietà e fanno parte della queer legacy per eccellenza. Armatevi di libertà e amore dunque, poiché questa, più che una recensione, vorrà essere semmai un più sentito consiglio per invogliarvi a guardare Our Flag Means Death – raccomandata con tutta la nobile art of fuckery del caso. Prendete “la ricetta Ted Lasso” e quindi destrutturare e disintegrare dall’interno un concetto che ci è stato venduto come machista per anni, aggiungete un protagonista, un leader! inadatto al ruolo, come un Michael Scott uscito da The Office e informatevi (mi raccomando!) su Wikipedia – nello specifico le sole prime tre righe – riguardo la vita del pirata gentleman Stede Bonnet.

Se seguirete questi passaggi, per filo e per segno, avrete fra le mani la creatura di David Jenkins in tutta la sua freschezza. L’aria che si respira non è più stantia, questa period-comedy è leggerezza, è verità e, per far sorridere, non ha bisogno dei vecchi cliché segregando il personaggio lgbtqia+ di turno alla sola macchietta e/o alla battuta sconveniente, di cui certuni si fanno ancora araldo su canali nazionali. No, i pirati queer sono ovunque e sono i protagonisti, sono la ciurma che porta la Revenge assai lontano tra i mari e a capo di una rappresentanza che non deve avere mai fine.

Stede Bonnet (Rhys Darby) abbandona moglie e figli per abbracciare l’avventura e l’orizzonte: ne uscirà innamorato di Ed, anche conosciuto come Barbanera (Taika Waititi). Non si scherza, non è una strisciolina dolce e oleosa con cui acchiappar mosche, succede davvero! E avviene con una tale naturalezza, che cari compari, ha in sé la forza di una carezza e la delicatezza di un calcio in culo a chiunque ci abbia abituati a pane e queerbaiting. Questo succede quando alle persone queer viene dato il timone per scrivere storie per sé stesse e su sé stesse. Vico Ortiz, interprete non-binary, vestendo i panni di Jim, pirata non-binary, ne è un esempio, e a ləi verrà data libera parola per definirsi al pubblico: “You all know me as Jim, sì? So just keep calling me Jim. Nothing’s changed. Except, I don’t have the beard and my nose is different and I can speak now, yes. Anyone got a problem with that?”.

Poiché di fiction comunque si parla, non vi saranno omofobia o awakening scenes di sorta – certo, entrambe sono una grande fetta della nostra realtà, ma essere queer è semplicemente essere, prima di tutto, pertanto ogni cosa sarà come naturalmente deve essere, con personaggi che fanno sognare l’avventura, l’amore e offrono sfaccettate personalità nelle quali rispecchiarsi. Da comedy a rom-comedy (e non b-romance, Waititi avverte), i pirati della ciurma di Ed e Stede (co-captains!) potranno fiorire nelle loro sensibilità e nell’amore che vanno cercando, estirpando l’unico villain preposto nella serie: l’immagine tossica del pirata tutto violenza e predominanza.

Del resto, non intendo aggiungere altro. Storia, intrecci, aspetti più seri nati da traumi passati a cui entrambi i protagonisti dovranno far fronte … è bene che tutto questo sia lasciato alla vostra scoperta.

If I can help this crew grow as people, then I’ve succeeded in being a pirate captain”.

Siate voi a scoprire se Stede Bonnet è riuscito nel suo intento.

Tracciate una rotta e siate fieri, i pirati sono dalla nostra parte.

Laura