Dopo 15 anni dal suo ultimo progetto, Todd Field ritorna nel panorama cinematografico con un dramma sofisticato, in concorso al festival del cinema di Venezia, cucito sulla pelle della formidabile attrice australiana Cate Blanchett. Secondo le parole del regista infatti, lei sarebbe stata l’unica scelta per la realizzazione di questo film sulla storia fittizia del personaggio di Lydia Tár, un’austera direttrice d’orchestra al culmine del suo successo nell’aristocratico ambiente musicale di Berlino.

La narrazione è strutturata in modo dicotomico in cui, una prima parte, è dedicata alla presentazione del “Maestro”, la divinità inarrivabile dell’Olimpo della musica, ed una seconda parte in cui si assiste al suo disfacimento professionale e personale. Cate Blanchett è perfetta nella rappresentazione di questa figura intellettuale, alta ed inarrivabile, quasi come una scultura marmorea che merita di essere idolatrata e contemplata. La sua è una performance da Oscar (e infatti le è valsa la Coppa Volpi a Venezia79), assistiamo ad una prova di recitazione impeccabile, una di quelle curate in ogni maniacale dettaglio, in cui la Blanchett riesce a parlare in tedesco, a suonare il pianoforte e a dirigere realmente l’orchestra filarmonica di Berlino. Le vibrazioni dei suoni vengono sprigionate dai movimenti delle sue mani che conducono in modo impavido le sue performance prestigiose. Cate Blanchett sembra posseduta dalla musica, il suo corpo in ogni gesto sprigiona sinfonie e ritmi, è capace di avere nel pugno della sua mano la conduzione di decine di musicisti nella creazione dello spartito da lei ideato. I momenti più belli sono infatti quelli dedicati alle prove delle partiture musicali, durante le quali lo spettatore è calato al 100% nell’auditorio, rimanendo incantato dinanzi alla bellezza che solo la musica riesca a creare.

L’intera sceneggiatura è incentrata sulla sua psiche, lasciando poco spazio a personaggi secondari che, sebbene nel loro piccolo, ci regalano delle ottime performance. Nello specifico Noémie Merlant e Nina Hoss, orbitano intorno alla divina Cate Blanchett, dando prova di grandissimo carisma nonostante le poche scene a loro dedicate. Sono loro che portano Lydia a doversi confrontare con le sue fragilità, con le sue paure e debolezze, portando alla luce le zone d’ombre che saranno decisive per la sua ascesa nell’oblio. Se Tár all’inizio sembrava avere tutto, il prestigio, la fama, l’amore e la famiglia, alla fine finisce per diventare una stella solitaria, abbandonata da tutto e da tutti. Solo la musica sarà per sempre la sua compagna fedele, il suo sostegno dinanzi alla drammaticità della sua vita personale e lavorativa.

Cate Blanchett è il volto perfetto di questo personaggio criptico, da una parte in grado di comunicare con il movimento della musica, ma allo stesso tempo vittima di una drammatica incomunicabilità umana. Sebbene il film nella sua intera durata mostri qualche punto di defaillance, la sua inarrivabile performance riesce ad incantarci nella costruzione di questa antieroina inquietante ma allo stesso tempo sensuale e coinvolgente. Il personaggio di Lydia Tár è enigmatico, spaventoso, integerrimo, esigente ma soprattutto attraente, capace di stregare lo spettatore con la sua allure aristocratica-intellettuale, e trova nei panni di Cate Blanchett la più sublime immedesimazione.
Riccardo Capobianco
