Voglio essere chiarissima: SPOILERS, SPOILERS EVERYWHERE!

C’è una certa emozione nell’aria quando, dopo tanti anni, si torna al cinema per vedere il nuovo capitolo di una saga che ci ha cresciuto. Un mix di euforia e timore, quel desiderio di rivivere i ricordi dell’adolescenza e la paura che il nuovo possa infangare tutto ciò che c’è stato di buono. Perché ammettiamolo, sappiamo essere molto gelosi dei nostri comfort movies, quei film che sanno di casa, che ti rimandano a quei pomeriggi passati con gli amici quand’eri quattordicenne, a divorare dvd presi al videonoleggio (ebbene sì, è una millennial che vi parla, gasp) e nel mio caso, erano sempre horror. D’altronde è il genere che più mi ha formato, sin da quando ero piccina, e poi confesso che adoravo vedere le mie amiche terrorizzate urlare per il salotto mentre io non producevo un minimo spasmo muscolare.

Ma se c’è una saga che in qualche modo ha saputo mettere d’accordo tutti è Scream di Wes Craven. Nessun villain dai poteri sovraumani, nessun demone del sonno, nessun mostro della laguna. Un semplice personaggio mascherato che col suo coltello ha regalato quintali di suspence ma anche tante risate. Perché la bellezza di Scream, che è anche la sua natura, è quella di non essersi mai preso sul serio. Non siamo dinanzi ad un Babadook – che come cita Tara Carpenter in Scream (2022), “It’s an elevated horror” – ma ad una serie di film che prendono l’archetipo del genere horror per farlo a brandelli, sfruttando citazioni e cliché classici per deridere l’horror stesso. È sempre stata questa l’anima e la forza portante di Scream ed è forse proprio ciò che è venuto a mancare drasticamente nell’ultimo capitolo della saga, Scream VI diretto da Matt Bettinelli-Olpin e Tyler Gillett, arrivato il 9 marzo nelle nostre sale.

Dimenticatevi l’amata Woodsboro perché le sorelle Carpenter hanno fatto le valigie, lasciando la provincia per trasferirsi nella Grande Mela ed intraprendere la vita da collegiali – e già qui, non vi suona familiare questo trasloco? Poi ci arriviamo… Nuova città, stessi quattro protagonisti, nuova minaccia travestita da Ghostface. Il tutto si apre con la scena iniziale con la prima vittima squartata durante la classica telefonata, in questo caso a lasciarsi la pelle è Samara Weaving nei panni di una professoressa che tiene un corso sul cinema horror, performance breve quanto incisiva poichè ci ha fatto dono dell’urlo più sincero, agognato e straziante di tutto il franchise. E successivamente il primo (ed ultimo, ahimè) colpo di scena: Ghostface macellato da un altro Ghostface che esordisce con una battuta quasi premonitrice: Who gives a fuck about movies?”

Inizialmente non ho prestato particolare attenzione a quelle parole, urlate con tanto disprezzo, ma man mano che il film proseguiva con la solita minestra riscaldata – perché questo sequel del requel altro non è che la brutta copia di Scream 2 – tutto ha iniziato ad avere senso. Scream VI tutto ha tranne che l’anima donata da Wes Craven: assistiamo ad omicidi sadici che però non ci smuovono minimamente perché a crepare male sono personaggi irrilevanti di cui non ricordiamo neanche i nomi, ci sorbiamo uno spiegone infinito sulle regole del franchise horror dettate con tanta serietà che ti chiedi se sia il caso di prendere appunti, il plot-twist finale completamente preannunciato a tal punto che speri solo che tutto possa finire presto. Dov’è la satira? Dov’è l’autoironia? Dov’è il prendersi poco sul serio? Dov’è Scream?

Ci sentiamo profondamente traditi da questo sesto capitolo che si discosta drasticamente da quanto presentato in precedenza e ad incrementare tale dispiacere è in primis la scrittura dei personaggi. Parliamoci chiaro: nessuno di loro ha un briciolo di personalità. Sam Carpenter, impersonata da Melissa Barrera, ha il carisma di una suola di scarpa, non ha un briciolo della verve che contraddistingue una final girl. Totalmente passiva per gran parte del film, caratterizzata solo dalla costante visione del padre morto, il nostro caro Billy Loomis (imbruttito da una CGI abominevole), tanto che ad una certa ti chiedi se ti trovi davanti alla nuova trilogia di Star Wars perché alla fine la facciata è quella. Ma qui non abbiamo una Rey che realmente combatte col suo lato oscuro, portandola alla deriva, mettendola costantemente alla prova. In Scream VI, come nel precedente capitolo, riecheggiano solo le parole di un Darth Vader senza maschera, Billy Loomis che riversa la sua macchia da serial killer ad una figlia che non ha mai conosciuto e che si fa carico dell’eredità paterna manifestando di tanto in tanto solo qualche allucinazione. Sai che dramma… Non sarei affatto stupita se l’intento degli sceneggiatori , in un successivo capitolo, fosse quello di trasformare Sam nel nuovo Ghostface, marcando la linea oramai tracciata della sua possibile pazzia (manco si fosse messa a squartare innocenti per puro divertimento, suvvia!) per poi metterla a confronto con la sorella Tara, forse l’unico personaggio che ha qualcosa da offrire al pubblico.

Sam confessa di aver provato un certo piacere nell’uccidere il proprio fidanzato, il villain di Scream (2022) interpretato da Jack Quaid, ma tralasciando ciò non vediamo alcun brandello di malvagità, nessuna parvenza di una psicopatia congenita, nessun’avvisaglia reale e fondata di una reincarnazione di Billy Loomis, e di certo non sarà quel finale a farci cambiare idea. Perché alla fine dei conti ogni Scream che si rispetti ha una finale positivo e speranzoso, ed almeno su questo aspetto il sesto film non ha fatto cilecca. Ma è assai difficile empatizzare con una protagonista così piatta, non ci troviamo davanti ad una Sidney Prescott in continua evoluzione per cui fare sempre il tifo. Ed è forse proprio per questa ragione che i nuovi Scream non sanno reggersi in piedi senza la presenza costante dei personaggi storici.

A far ritorno sono Gale Weathers e Kirby Reed, parecchio inutili in questo film dato che non danno alcun contributo allo svolgimento degli eventi. In particolar modo Gale fa diecimila passi indietro, specialmente dopo il quinto capitolo in cui ha dovuto affrontare la morte di Dwight Riley (per noi, il sempre amato Linus). La rivediamo nuovamente avida di successo, con le tasche piene dei soldi presi dalla cessione dei diritti dei suoi libri pronti a divenire nuovi film e, conseguentemente, nuovi traumi per i protagonisti di tali efferate vicende. È quasi impossibile provare simpatia per lei, tanto che ti chiedi come possa esser sempre perdonata da chi le sta attorno. Confesso che godrei molto se morisse per mano di Sidney sotto la maschera di Ghostface, ma ahimè è un’idea che avrebbero dovuto sfruttare molto tempo fa.

Puoi lasciarti alle spalle Woodsboro, ma Woodsboro non lascerà mai te! Ebbene sì, perché per quanto la storia si è spostata nel caos cosmopolita di New York, assai differente dalla vita di provincia, Woodsboro è presente più che mai in questo sesto film. Assistiamo ad un vero e proprio museo degli orrori orchestrato all’interno di un ex cinema in cui troviamo ogni prova degli omicidi che hanno caratterizzato i precedenti Scream, dal coltello che ha messo fine alla vita di Casey Becker alla televisione finita sulla testa di Stu Macher, dai libri scritti da Gale ai costumi indossati dai vari Ghostface. Un tempio del male per rievocare terrori celati sotto la pelle, ferite ancora aperte ed incubi a ciel sereno. Questa è l’ennesima dimostrazione che il nuovo filone di film non sa vivere da solo senza riportare in superficie chi l’ha preceduto.

Forse è proprio nuova linfa vitale che il pubblico sta cercando, perché far perno sulla nostalgia dei fan appassionati potrà anche aver vinto nel 2022, ma il giochetto l’abbiamo capito e vogliamo di più. Bisogna fare pulizia, sia dei personaggi storici che non hanno più nulla da dire, sia di quelli nuovi ma marginali al fine dello sviluppo della trama. Non giriamoci attorno: quanti di voi hanno sperato che i fratelli Meeks-Martin morissero in questo film? Ma d’altronde ci troviamo dinanzi a villain che non sanno uccidere (ma il buon vecchio fendente alla gola o dritto nel cervello se lo sono dimenticato? Massì, buchiamo il pancino di questi teenager e poi non controlliamo minimamente se questi stanno già twittando di essere sani e salvi) e sopravvissuti più resistenti degli Avengers. E va bene che anche il compianto Linus era duro a morire e ha resistito per ben quattro film, ma Chad non ha un briciolo del suo carisma e per quante coltellate possa ricevere, non erediterà di certo il ruolo dell’imbranato sceriffo di Woodsboro che tutti noi abbiamo amato sin dal primo istante. Bisogna proprio ammetterlo, fortuna che c’è Jenna Ortega, scream queen affermata del genere horror, che almeno ci regala una performance convincente in cui trasmette il reale terrore che prova alla vista della lama affilata del nemico e quel senso di rivalsa quando la situazione si ribalta ed a risultare vincente e letale è proprio lei stessa.

Dunque tralasciando la scena della metropolitana che ha instillato non poca suspence e una colonna sonora incisiva curata da Brian Tyler, questo Scream VI non lascia il segno. Viene da chiedersi se questo franchise ha ancora qualcosa da dire, senza per forza citare a go-go i film di Wes Craven, e se forse sia il caso di darci un taglio (in tutti i sensi). Ma del resto, come disse Stu nel primo capitolo “Ammettilo, baby! Al giorno d’oggi ci vuole un seguito!”. Dunque teniamoci pronti a nuovi film, nuovi Ghostface (che di nuovo non hanno proprio nulla), morti sempre più scenografiche e colpi di scena telefonati dal primo minuto. Alla fine noi fan della saga, scontenti e stanchi, ci ritroveremo ugualmente ad aprire il nostro portafoglio, incamminandoci come zombie assuefatti verso la sala, di tanto in tanto esultando per quei litri extra di sangue e quelle citazioni ad altri film horror che conosciamo religiosamente. Perché siamo così, fedeli al genere ed al nostro amore per quest’ultimo. E forse anche un po’ – troppo – masochisti.

– Angelica