Se esiste al mondo un horror fantascientifico che è stato in grado di rivoluzionare il genere, ispirando così tanti film venuti dopo di lui, alzando l’asticella ad un livello irraggiungibile, quello è senza ombra di dubbio Alien (1979). Ridley Scott ha portato sullo schermo un’opera non convenzionale, dall’inizio lento e calibrato per poi sfociare in un climax frenetico, giocando sugli ambienti angusti contrapposti all’infinità dello spazio che circonda i suoi protagonisti, presentando una terrificante creatura senza dover sfoggiarla nella sua interezza. Semplicemente l’oscurità, il suono metallico di una mandibola letale, il putridume che infetta l’aria. Lo Xenomorfo delineato dalla straordinaria mente dell’artista svizzero H. R. Giger è così salito nell’Olimpo dei mostri più funesti, capace di dar forma ai peggiori incubi.

Tutto ciò che è venuto dopo – ad esclusione di Aliens – Scontro Finale (dir. James Cameron, 1986) che è da considerarsi un valido sequel anche se fin troppo infarcito di spavalda azione in stile americano (o per meglio dire, in stile Cameron) – non ha saputo reggere il confronto con il capostipite di un prolifico franchise. Eppure sono passati 44 anni e stiamo ancora parlando di Alien, della sua eroina Ellen Ripley e dell’eterna lotta contro il male.

Molte sono le etichette affibbiate ad Alien, ma se vogliamo esaminarlo sotto la lente d’ingrandimento ci troviamo dinanzi ad un film sull’abuso totale del corpo, uno stupro – per essere trasparenti – dove però la vittima è il genere umano. Alien ritrae l’orrore dell’invasione (fisica) nel senso più letterale possibile, evidenziandone la corruzione ed infine la distruzione in un modo così esplicito e disarmante che è impossibile non provare ansia e disgusto. In un certo senso, Alien può esser benissimo visto come uno slasher movie in cui un estraneo cerca di possedere un corpo, adottando molti elementi archetipici del genere. La stessa eroina della serie Ellen Ripley (Sigourney Weaver) si può considerare a tutti gli effetti una final girl, una sopravvissuta che lotta arduamente contro una minaccia esterna, un killer che non ha voce ne motivazioni ma che sa essere spietato oltre ogni immaginazione.

Ma è difficile non vedere Alien con una chiave ecologista. Lo Xenomorfo viene descritto come l’organismo perfetto capace di adattarsi ed evolversi costantemente per sopravvivere a qualsivoglia minaccia. Altro non è che la rappresentazione della natura nella sua forma più perfetta, selvaggia ma ugualmente brutale. Una natura costantemente in posizione di difesa dinanzi le azioni ostili dell’uomo, così avido di possedere ogni creatura a lui estranea per sfruttarla fino a consumarla del tutto. A lungo andare ci poniamo un agghiacciante interrogativo: chi è il vero villain? La creatura aliena che in fin dei conti vuole solamente vivere o l’umanità così accecata dal capitalismo e capace di vendersi l’anima pur di trarre anche il più misero vantaggio senza farsi scrupoli etici o morali?

Allacciandomi al concetto di natura, è bene sottolineare come un tema chiave della saga sia quello della maternità che, a differenza di come viene solitamente rappresentata nel cinema, ha una connotazione strettamente negativa. Nessuna nuova gioia che viene al mondo, ma solo una forza distruttrice che semina caos ovunque essa metta piede. Eppure per quanto i film giochino coi simbolismi fallici per rappresentare il potere e l’oppressione maschile, è l’elemento femminile a incutere maggior terrore, perché come ha saputo testimoniare l’iconica scena del chestbuster uscito dal petto di Kane (John Hurt) nel primo film, è la minaccia di una gravidanza a rendere l’uomo fragile e impotente. L’alieno che perfora la carne, le ossa, esce dal corpo ormai inerme, spargendo sangue e viscere attorno a sé: un teatro dell’orrore che nella vita di tutti i giorni è accettabile per la condizione femminile, ma qui la nascita è strettamente correlata alla morte e la creazione assume una prospettiva differente.

Tutto nel primo film è metafora della maternità. Basti pensare anche solamente alla scena iniziale: un’astronave al pari di un’incubatrice che risveglia l’equipaggio dormiente, donando loro di nuovo la vita, l’uscita dalle capsule criogeniche, il computer di bordo della Nostromo che risponde al nome di Mother. Il mostruoso femminile assume le sembianze di un ovulo inizialmente (le uova deposte dalla Regina rinvenute nel relitto di un’astronave aliena sulla luna LV-426), poi di una vagina dentata (il facehugger che attacca il volto di Kane depositando attraverso il canale digerente un embrione) che si tramuta in una creatura fallica (il chestbuster) per infine giungere allo stadio finale della sua metamorfosi, lo Xenomorfo. La genialità di Ridley Scott è stato giocare con i confini di genere, portando in scena il parto ed il suo orrore nella maniera meno ortodossa ma non così lontana dagli incubi del pubblico, attirandolo fuori dalla propria comfort zone per esplorare ciò che tutt’oggi terrorizza l’umanità: un nuovo concetto di creazione.

Fino a quel momento il cinema fantascientifico ha visto solamente il predominio della componente maschile, ma Ridley Scott sovverte i canoni del genere sfoggiando il potere femminile nella sua completezza, lo ying e lo yang rappresentati da Ellen Ripley e la sua nemesi malvagia dalla matrice lovecraftiana. E sono proprio la fisicità e la sessualità dei corpi a rendere questi due personaggi così caratterizzanti. Le donne nell’universo di Alien vengono costantemente private delle loro forme, celate in tute spaziali ed assetti da combattimento, sottraendo la loro femminilità, fin quando questa viene messa in luce nei momenti di maggior vulnerabilità. È lì che si evince la contrapposizione fra il corpo desiderabile di Ripley e quello terrificante dell’alieno prima del confronto finale.  Se fino a quel momento lei ha lottato con tutta la sua forza, mettendo in mostra la sua astuzia ed il suo coraggio al pari di qualsiasi uomo, è nell’attimo in cui si spoglia delle sue vesti che la paura si fa strada nella sua mente. Ma l’essere donna non è una debolezza, diviene anzi un’ulteriore minaccia per i valori patriarcali. È una donna a salvare l’umanità, fatevene una ragione, o voi uomini!

Ed è proprio nel finale dei primi due capitoli della saga che assistiamo all’ennesimo simbolismo del parto, l’espulsione della creatura aliena dall’astronave. Il microcosmo umano ora è libero dalla minaccia estranea, è tornato ad essere quell’incubatrice sterile, quel luogo sicuro (come lo è l’utero per un feto) in cui potersi concedere la meritata pace. Il mondo di Alien è l’espressione dell’inconscia paura umana generata da immagini che ricordano indubbiamente l’interiorità del corpo e la sua vulnerabilità. Ed è forse per questa ragione che il primo capitolo resterà per sempre irraggiungibile nella sua maestosità artistica ed anche il più orrorifico perchè se i sequel, prequel e crossover hanno giocato sulla spettacolarità della violenza aliena, mostrando lo Xenomorfo (e tutte le sue varianti) mietere vittime nei modi più truculenti, è nel mistero della beata ignoranza di non sapere cosa si sta affrontando a rendere l’opera di Ridley Scott la più agghiacciante. Il nemico che non ha nome, né forma riconoscibile, né movente a delineare la sua pericolosità. Nessun disco volante che minaccia la pace sulla Terra, nessun invasione su larga scala, solamente una creatura che si confonde nei corridoi oscuri, fra i condotti dell’astronave invisibili all’occhio umano. Ci si sente indifesi, soli, d’altronde nello spazio nessuno può sentirti urlare.

Per un’appassionata quale sono della saga di Alien devo ammettere che più il tempo passa e più sono convinta che non abbia più nulla di nuovo da offrire al pubblico. Lo confermano i due prequel che, invece di aggiungere mistero e fascino alla figura dello Xenomorfo, hanno saputo solo perdersi in speculazioni evoluzionistiche, generando confusione e pochezza, puntando a sovvertire le teorie darwiniane senza però saper reggere il confronto con i primi capitoli. Prometheus e Alien: Covenant non hanno l’anima audace del primo film, solo tanta boria e spavalderia e chissà cosa ci riserverà il futuro…

Ciò nonostante è sempre uno spettacolo vedere lo Xenomorfo in azione e per coloro che vogliono avvicinarsi a questo macabro universo, non posso che consigliare di correre al cinema perché dal 29 al 31 maggio Alien ed Aliens verranno nuovamente proiettati in versione restaurata! Lasciatevi invadere dalla paura e dall’oscurità, non ve ne pentirete.

– Angelica