THE PALACE | Fuori concorso

Il Palace Hotel è uno straordinario castello progettato all’inizio del 1900 che si trova nel bel mezzo di una valle svizzera innevata, dove ogni anno convergono da tutto il mondo ospiti ricchi e viziati. La festa di Capodanno 2000 li ha riuniti tutti in un evento irripetibile. Al servizio delle loro stravaganti esigenze c’è uno stuolo di camerieri, facchini, cuochi e receptionist. Hansueli, il direttore dell’albergo, passa in rassegna lo staff prima dell’arrivo degli ospiti, ribadendo che, pur essendo l’alba del nuovo millennio, non sarà la fine del mondo. 

Ricordo perfettamente cosa ho detto quando si sono riaccese le luci: “È come se i Vanzina avessero fatto un Cinepanettone sotto acidi.” e “Andiamo a berci uno spritz.”

Una commedia senza verve artistica, monocorde e semplicemente trash. Non quel trash per cui c’è una sana e pura attrazione per il semplice intrattenimento che puoi trarne. È trash perché decadente. Non si può nemmeno definire grottesco, non ha senso ed è un’occasione sprecata. Soprattutto per Mikey Rourke che fa il suo ritorno sul grande schermo con un film che purtroppo lo fa sembrare un attoretto che è capitato lì per caso.

The Palace è piatto. Per nulla divertente, a tratti imbarazzante. Dov’è il Polanski di un tempo?

Marika


THE WONDERFUL STORY OF HENRY SUGAR | Cortometraggio, Fuori concorso

Un’amatissima storia di Roald Dahl: un uomo molto ricco viene a conoscenza dell’esistenza di un guru in grado di vedere senza usare gli occhi e decide di imparare a padroneggiare questa tecnica per barare al gioco d’azzardo

Un libro che prende vita, in perfetto stile Wes Anderson. Fitti monologhi e dialoghi si alternano nell’immaginario WesAndersoniano (che ormai è un trend, che a lui piaccia o meno, ma a noi piace… scusa Wes), dove colori pastellosi e saturi scaldano le inquadrature geometriche e perfette che incorniciano i suoi protagonisti. Wes Anderson potrebbe anche non raccontare nulla, la sua capacità di dare vita a nuovi mondi in grado di farmi sentire a casa sarà sempre un grande regalo.

Marika


AGGRO DR1FT | Fuori Concorso

Nello squallido ventre criminale di Miami, un esperto sicario si lancia alla ricerca spietata del suo prossimo obiettivo. Ripreso interamente con lenti termiche, l’uomo si muove in un mondo perverso in cui regnano incontrastate violenza e pazzia. La tensione porta a un viaggio psichedelico in cui il limite tra predatore e preda quasi scompare.

Un nome, una certezza: Harmony Korine. E la certezza è una sola: qualsiasi sarà l’opinione che hai dei suoi film, uscirai dalla profondamente spiazzato. Perchè a Korine non interessa quasi più il racconto ma come viene veicolato. Il mezzo che surclassa la teoria. E la sperimentazione è la sua anima gemella.

Dunque preparatevi a spararvi nei bulbi oculari immagini girate con un’ottica termica a cui sono state aggiunte incursioni di rotoscoping ed effetti visivi, il tutto contornato da una soundtrack puramente elettronica. Non sono necessari dialoghi per decifrare i personaggi di Aggro Dr1ft, Korine ci mostra la loro natura sotto la pelle, dove angeli e demoni si celano tumultuosi. Ed a noi resta solo il compito di godere di quest’esperienza sensoriale, così immersiva e catalizzante. Grazie Harmony per sorprenderci ancora!

Angelica


THE CAINE MUNITY COURT-MARTIAL | Fuori Concorso

Quando un capitano della Marina degli Stati Uniti mostra segni di instabilità mentale che mettono a rischio la sicurezza della sua nave, il primo ufficiale lo solleva dal comando e affronta la corte marziale per ammutinamento. Greenwald, un avvocato scettico, difende con riluttanza Maryk, l’ufficiale della Marina che ha preso il controllo della nave sottraendola al suo tirannico capitano Queeg nel corso di una violenta burrasca. Man mano che il processo va avanti, Greenwald diventa sempre più interessato a fare chiarezza, domandandosi se quello del Caine sia stato un vero ammutinamento o semplicemente l’atto coraggioso di un gruppo di marinai che non potevano più fidarsi del loro instabile capitano.

Certo che fa un certo effetto stare in sala ed assistere alla proiezione dell’ultimo film di William Friedkin, da poco tragicamente scomparso. Ti viene da pensare che quello è il testamento di una lunga e acclamata carriera, e un po’ di malinconia si fa spazio dentro di te. Ma inizia il film e la tua attenzione viene immediatamente catturata dagli infiniti scambi di battute fra difesa ed accusa di un processo che sin da subito pare pragmatico. E dopo 109 minuti sei ancora con gli occhi incollati allo schermo. Il regista punta al less is more, offrendoci centellinati movimenti di macchina ad evidenziare la variazione ritmica e drammatica del racconto, concedendo ai suoi personaggi tutta la luce per spiccare. Che dire? Ultima pellicola di Friedkin, quanti farebbero la firma per concludere la propria carriera così.

Angelica


TATAMI | Orizzonti

A metà dei campionati mondiali di Judo, la judoista iraniana Leila e la sua allenatrice Maryam ricevono un ultimatum da parte della Repubblica Islamica, che ordina a Leila di fingere un infortunio e perdere, per evitare di essere bollata come traditrice dello Stato. Con la propria libertà e quella della sua famiglia in gioco, Leila si trova di fronte a una scelta impossibile: obbedire al regime iraniano, come la sua allenatrice Maryam la implora di fare, o continuare a combattere per l’oro. Tatami è il primo lungometraggio codiretto da una regista iraniana e da uno israeliano.

Un film interamente girato durante una competizione di judo, nella quale si alternano incontri e minacce politiche. Ed è così per tutta la sua durata. Il rischio di cadere nella noia è plausibile, ma i registi Guy Nattiv e Zar Amir Ebrahimi (quest’ultima in veste anche di attrice protagonista) offrono al pubblico una regia prodigiosa e coraggiosa, un climax crescente tanto che risulta impossibile staccare gli occhi dallo schermo. Tatami è un film onesto, pulito, che spicca nella categoria Orizzonti.

Angelica


EN ATTENDANT LA NUIT | Orizzonti

Il giorno in cui si trasferisce in un nuovo quartiere, la famiglia Feral ha intenzione di apparire il più normale e affabile possibile. Ma il figlio, Philemon, non è un adolescente normale. Quando si avvicina alla sua nuova vicina, Camila, la sua sete di sangue cresce e la sua diversità diventa impossibile da dissimulare.

A giudicare dalla marea di giovanissime che si sono lanciate sull’emergente attore protagonista di questo film a fine proiezione, mi viene da pensare che per la generazione z En Attendant La Nuit è quello che per i millenials è stato Twilight: una scusa per innamorarci di vampiri stalker e licantropi con le manie di controllo. Ma uno di questi titoli è il king indiscusso del guilty pleasure nonostante la quantità di trash, l’altro invece è facilmente dimenticabile. E quest’ultimo è proprio il film di Céline Rouzet. Insomma, niente di nuovo sul fronte vampiresco.

Angelica


HOUSEKEEPING FOR BEGINNERS | Orizzonti – Queer Lion 2023

Una storia che esplora le verità universali della famiglia, sia quella in cui nasciamo sia quella che scegliamo. Dita non ha mai desiderato essere madre, ma le circostanze la costringono ad allevare le due figlie della sua ragazza: la piccola peste Mia e l’adolescente ribelle Vanesa. Ne nasce uno scontro di volontà che porta le tre a litigare continuamente e a diventare una famiglia improbabile, costretta a lottare per restare insieme.

Ho consumato un intero pacchetto di fazzoletti per questo film: può bastare come commento? Ok, mi sforzo di spiegarvi il perchè. Quello di Goran Stolevski è un film necessario, principalmente per la comunità LGBTQ+, un film fresco, autentico, veritiero. Ed è proprio la sua verità ad avermi disarmata e lasciato senza parole. Le tensioni ribollenti e gli stati di ansia, l’umorismo ribelle e l’ostilità, le storie individuali che prendono corpo in ogni famiglia: tutto è catturato in modo superbo nelle scene a tavola piene di confronti in parte affettuosi ed in parte turbolenti. L’equilibrio tra il buon umore e il terrore strisciante della perdita è gestito con estrema intelligenza e la narrazione di Stolevski risulta genuinamente emozionante.

Angelica


SHADOW OF FIRE (HOKAGE) | Orizzonti

Il film è ambientato in un mercato nero che ricomincia a prendere vita dopo la devastazione della Seconda guerra mondiale. In un piccolo ristorante giapponese quasi completamente distrutto dal fuoco, una donna si guadagna da vivere vendendo il proprio corpo. Tutta la sua famiglia è morta durante il conflitto. Un orfano di guerra entra furtivamente nella casa della donna per rubare, mentre un giovane soldato smobilitato arriva come cliente. I tre incominciano una strana vita insieme. Ma dura poco: i ricordi di guerra del soldato finiscono per distruggere le vite di tutti e tre. L’orfano, dopo aver raccontato che un venditore ambulante del mercato nero gli ha offerto un lavoro, parte con lui per un viaggio, ignorando i tentativi della donna di fermarlo. Il venditore di strada è un uomo intrepido, ma il suo viaggio ha l’orrendo scopo di porre fine alle ferite che gli sono state inflitte durante la guerra.

Shin’ya Tsukamoto ci propone la storia di individui distrutti che si adattano alla vita nel Giappone del secondo dopoguerra. Pare di assistere quasi ad un’opera teatrale in cui i personaggi si avventurano dentro e fuori dal locale, ma la telecamera rimane sempre all’interno. Il modo in cui l’ambiente di questo piccolo ristorante disordinato e angusto crea un mondo al suo interno è affascinante, fornendo uno spazio che razionalizza il modo rapido in cui il trio protagonista inizia a fare affidamento l’uno sull’altro per sopravvivere. Ma è un film di Tsukamoto, la pace non regna mai e quando il regista decide che questa apparente tranquillità deve implodere, l’effetto è piuttosto sorprendente, utilizzando una camera traballante e una violenza brutale in brevissimi scatti per ricreare un’effetto stridente e indimenticabile nelle nostre menti. Sono chiare le intenzioni di Tsukamoto e cioè mostrare un’ampia panoramica di come gli orrori della guerra abbiano influenzato persone diverse in modi diversi.

Angelica


VAMPIRE HUMANISTE CHERCHE SUICIDAIRE CONSENTANT | Giornate degli Autori – GdA Director’s Award

Sasha è una giovane vampira con un problema molto serio: ha una sensibilità che le impedisce di uccidere! Quando i genitori, esasperati dalla situazione, le tagliano i rifornimenti di sangue, la vita di Sasha è in pericolo. Per sua fortuna incontra Paul, un adolescente solitario con tendenze suicide, disposto a sacrificarsi per salvare la ragazza. Il loro patto, però, si trasforma in un forsennato tentativo notturno di esaudire gli ultimi desideri di Paul prima che faccia giorno.

Altro film sui vampiri, ma questa volta si toccano vette altissime. Una horror comedy succulenta, mai banale e che sfodera un black humor accattivante. Difficle non innamorarsi dei suoi protagonisti, introversi alla riscossa in un mondo in cui le etichette contano più della propria anima. Con rimandi ai racconti di vampiri moderni come Lasciami Entrare e What We Do in the Shadows, l’opera di Ariane Louis-Seize non è una versione del tutto nuova del sottogenere ma è sicuramente affascinante: una commedia romantica per adolescenti (e adolescenti nel cuore) che collezionano vinili e non hanno paura di parlare della morte.

Angelica