Questa è la storia di come mi sono commossa durante la proiezione di Saw X.

Pare assurdo, vero? Un capitolo di una delle saghe horror più cruente e sadiche nel mostrare la violenza su pellicola. Eppure ero lì, seduta sulla mia poltroncina in balia di un mix di sentimenti contrastanti, il viso incorniciato dalle lacrime, ed attorno a me estranei che non hanno celato la loro emozione.

Ricordo quando nel lontano 2005 giunse in Italia il primo film del longevo franchise, Saw – L’enigmista di James Wan, un thriller dalle venature horror che conquistò pubblico e critica. Lo vidi noleggiato – i bei tempi dei videonoleggi, ah, chi se li scorda? – e mi pentii amaramente di non averlo ammirato al cinema. Ma col secondo capitolo per me divenne tradizione mobilitarmi per vedere questa saga fuori casa, perché i brividi ed il pathos che ti regala la sala cinematografica sono impagabili. Nonostante mi definisca una fan dell’Enigmista, ammetto che sono davvero pochi i film che meritano, qualitativamente parlando. Col tempo, e l’abbandono alla regia di James Wan, la storia di Jigsaw ha perso il suo mordente, divenendo una mera exploitation di trappole mortali visivamente accattivanti ma dove la violenza era fine a se stessa. Per quanto l’intreccio delle sottotrame è stato sempre ben congeniato, l’effetto calamita che mi incollava allo schermo è svanito col tempo, man mano che ci si allontanava dai primi tre capitoli, in assoluto i meglio riusciti.

Confesso: alla notizia che Kevin Greutert sarebbe ritornato dietro la macchina da presa dopo il deludente Saw 3D, ultimo capitolo della saga originale (in questa sede non prenderemo nemmeno in considerazione i due spinoff perché non meritano assolutamente spazio), ho iniziato ad avere paura. Tredici anni sono passati da quel film e l’amarezza posso ancora assaporarla in bocca. Sono felice però di ammettere che, una volta tanto, mi sono sbagliata partendo prevenuta nei suoi confronti perché Saw X, oltre ad essere un horror ben confezionato, offre una narrazione  slow-burning efficace e intensa, sovvertendo le mie aspettative.

Il film si colloca fra il primo ed il secondo capitolo e si apre con John Kramer (Tobin Bell), malato di cancro al cervello a cui restano pochi mesi di vita. Oramai abbattuto dall’imminente fine, decide di fare un ultimo tentativo seguendo il consiglio di un paziente conosciuto a un circolo di supporto, provando una cura sperimentale nel lontano Messico. John parte, armato di tutta la speranza che gli è rimasta in corpo, ma dovrà fare i conti con una terribile verità: è stato truffato, lui come tanti altri malati, ed ora è nuovamente abbandonato al suo triste destino. Ma conosciamo il nostro Enigmista e se c’è una cosa che non ammette sono le ingiustizie, figuriamoci se rivolte a se stesso. E dunque eccoci spettatori di un nuovo rocambolesco gioco mortale, aiutato dall’assistente Amanda Young (Shawnee Smith) e lo spettacolo è servito!

L’aspetto interessante di Saw X è che è in assoluto il primissimo film che vede protagonista il suo noto villain John Kramer, fino ad allora circoscritto quasi a contorno nelle varie storie. Lo vediamo spogliato di ogni maschera, vulnerabile e fragile, perché nonostante il ruolo che veste, John Kramer è un essere umano. Sì, riprovevole di diversi crimini, un giustiziere che ha sovvertito la legge comune per ripristinare l’ordine a modo suo, non siamo certamente qui per giustificare le sue azioni, ma la bellezza di Saw X risiede proprio nell’umanizzazione del suo mostro. “E dove arriveremo se dobbiamo per forza cercare il lato umano in ogni singolo assassino?”, avete perfettamente ragione, ma stiamo parlando di un soggetto di finzione, dunque abbandoniamoci al mero intrattenimento e lasciamo per una volta a casa il tribunale d’inquisizione.

La grande differenza fra Saw X e tutti gli altri film della saga – soprattutto se paragonato ai primissimi capitoli – è che qui John è chiaramente il “bravo ragazzo”. Non è ovviamente buono poichè continua a condannare le vittime a morte quasi certa, ma il film ci fa simpatizzare con lui. Possiamo ammirare la vita di John, la sua casa, come trascorre il suo tempo libero. Sentiamo e comprendiamo le sue speranze e i suoi sogni, in parte abbattuti dal cancro. E quando John si rende conto che sta per morire, ne siamo arrabbiati quanto lui.

La primissima scena ci mostra una risonanza magnetica al cervello di John ed è proprio ciò che ci attende per tutto il film: un viaggio nella mente del grande Creatore – di trappole – in cui vediamo il mondo coi suoi stessi occhi, proiettandoci direttamente nel suo subconscio. Imprescindibile e accattivante infatti la fantasia riguardante la primissima trappola, protagonista della locandina del film che fin da subito ha innescato un’ondata di curiosità nel pubblico.

John Kramer e le sue insicurezze, John Kramer e le sue paure. Perché lui non teme la morte, ma il dolore della perdita è tangibile e reale, quello di abbandonare un progetto ancora incompiuto, di lasciarsi alle spalle persone a cui tiene, una fra tutte l’allieva Amanda. Avevamo tutti bisogno di approfondire il rapporto (ovviamente tossico) fra i due, il maestro e la discepola, la figliola prodiga che ritorna fra le mani del suo aguzzino che lei ora chiama salvatore.  Possiamo anche assoggettare ad Amanda una sindrome di Stoccolma, fatto sta che la vediamo esprimersi apertamente, senza remore, mostrando i suoi dubbi nel progetto orrorifico che lei e John stanno mettendo in atto. Non più un cerbiatto indifeso, ma una donna eretta.

Quello che John desidera alla fine è ciò che vorremmo tutti noi: un mondo giusto, un mondo buono e se così fosse le macchine mortali di Jigsaw non avrebbero motivo di esistere. Ma la crudeltà è all’ordine del giorno e non ne siamo poi tanto meravigliati. Lo stupore invece nasce nell’ammirare l’architettura delle trappole dell’Enigmista, mai come in questo film così ispirate. Dall’ingegno che risucchia i bulbi oculari alla maschera che arroventa il viso, Saw X ci fa dono di un tripudio di gore e budella, organi esposti alla luce come i peccati di cui si sono macchiati. John è come Freddy Krueger, Jason, Michael Myers, tranne per il fatto che ha un cuore e giocattoli decisamente migliori.

Di conseguenza, Saw X non è solo un mistery horror come i film precedenti, ma una storia di vendetta in cui il pubblico esulta e simpatizza per l’assassino. Negli ultimi nove film e 20 anni, i fan hanno imparato ad amare John Kramer. Lo abbiamo temuto fin dall’inizio, proprio come temevamo Freddy, Jason e Michael, ma col susseguirsi del vari film abbiamo iniziato a tifare per loro tutti e Saw X fa un ulteriore passo avanti: capovolge completamente la situazione, utilizzando non solo la storia, ma anche il fandom e l’apprezzamento di Jigsaw a proprio vantaggio, rendendo il male supremo l’eroe supremo.

Un film con Jigsaw come uomo comprensivo non avrebbe funzionato all’inizio della serie. Il pubblico non lo conosceva abbastanza per comprenderlo nel profondo, ma come decimo film – dopo sei film in cui è stato praticamente assente dall’azione – il risultato è ottimale e funziona su tutta la linea. Saw X è il film più curato dell’intera saga fino ad oggi.

Kevin Greutert rinuncia alle frenetiche tecniche di montaggio che facevano sembrare i vecchi film l’equivalente sanguigno e viscerale del rumore bianco. Il Jigsaw di Tobin Bell è lo stesso placido psicopatico su cui facciamo affidamento per raccapriccianti brividi (e qualche risatina) e qui è anche un po’ coccolone, proprio come noi fan abbiamo sempre pensato che fosse.

Saw X è un piacere per gli occhi – specialmente quelli che non temono di vedere qualche arto amputato – e per il cuore. Ci emozioniamo attraverso ed insieme a John, urliamo di gioia alla vista di Amanda e dell’iconico pupazzo Billy e tenetevi forte per la sequenza post titoli di coda, perché posso garantirvi che salterete dalla poltrona per l’euforia (e sì, io l’ho fatto e non me ne vergogno).

Dunque grazie Greutert, grazie Tobin e grazie Shawnee, chi l’avrebbe mai detto che mi sarei commossa così tanto guardando Saw X?!? Ma alla fine questa saga fa parte della mia adolescenza e mi ha accompagnata nel corso degli anni e uscendo dalla sala, lasciando dietro di me le note del meraviglioso theme di Saw, comprendi che stai salutando un vecchio amico che non rivedevi da molto tempo ma che nonostante l’assenza è sempre lì per te, per sconvolgerti e strabiliarti. Questo è vero cinema.

– Angelica