Wonka segna il ritorno al cinema del mitico personaggio di Roald Dahl, il tanto amato cioccolataio che ha incantato decine di generazioni con le avventure che lo hanno portato a divenire il più famoso re del cioccolato. Ad assumere le sembianze di questo magico ruolo è il dolcissimo Timothée Chalamet, l’idolo della nuova generazione, che incarna alla perfezione le speranze di un giovane ragazzo disposto a tutto pur di inseguire il proprio sogno.

Si tratta a tutti gli effetti di un musical, capitanato dal regista Paul King (Paddington, 2014), che prende il via dall’arrivo del giovane Willy Wonka nella fredda Londra degli anni ‘30 provvisto solo di una valigetta e poche sovrane (le monete di quel periodo) per far nascere la sua fabbrica di cioccolato. Ma ben presto si presentano le prime difficoltà che ostacolano il povero Wonka, a partire dalla proprietaria di un’antica locanda di nome Mrs Scrubbit (Olivia Colman) che lo ricatterà con un tranello per costringerlo a lavorare nella sua lavanderia. Qui Willy incontrerà altri poveri sventurati, tra cui la piccola Noodle (Calah Lane), con cui escogiterà un piano infallibile per la loro libertà e la realizzazione del suo sogno: far innamorare tutti i cittadini, sia poveri che ricchi, della sua magica cioccolata.



Si tratta chiaramente di un film per famiglie, ben distante dai toni più dark e malinconici del capolavoro di Tim Burton – La fabbrica di cioccolato (2005), con Johnny Depp nei panni di un Willy Wonka adulto –, ricco di numeri di canto e ballo conditi da uno humor tutto British che rendono quest’opera perfetta per il periodo cinematografico natalizio.

Sebbene ci fossero le basi per la creazione di un progetto brillante ed iconico, la presenza dello straordinario Chalamet, dell’iconico Hugh Grant e della strepitosa Olivia Colman, il film assomiglia ad una tela bianca imbrattata di tantissimi colori che non si amalgamano bene tra di loro, ma creano un mappazzone zuccheroso che incanta forse solo i bambini. Sembra una storia già vista… la contrapposizione tra buoni e cattivi, la disavventura che si conclude con il lieto fine ed il trionfo dei giusti valori, un libro letto e riletto che non ha nulla di consistente per poter essere ricordato.



Le canzoni sono palesemente deboli ed eccessivi sono gli effetti speciali, così artificiosi da contaminare la sceneggiatura già frivola e superficiale. Ci si chiede immediatamente se fosse necessario realizzare questo prequel, tradendo completamente i codici dei suoi predecessori ai quali il pubblico resta palesemente affezionato.

È totalmente assente un’introspezione psicologica dei personaggi, che dia spessore alle loro parole ed alle loro azioni, tutto sembra banalmente susseguirsi al ritmo di melensi ritornelli che annoiano lo spettatore, abbandonato dinanzi ad una storia che ha già visto tante volte e della quale conosce già il finale.



Il povero Chalamet sembra brillare maggiormente in film indipendenti e drammatici, intrisi di emozioni e pathos, anziché in film commerciali che lo fanno apprezzare solo per il suo palese fascino da bravo ragazzo al quale anche il più reticente spettatore cederebbe. Il film spoglia totalmente la complessità del personaggio di Willy Wonka, un uomo con una difficile storia familiare che lo porta quasi ad essere un eremita incapace di confrontarsi con il mondo reale, tramutandolo in un banale pagliaccio sopra le righe e paladino del bene.

La famiglia ricongiunta, il clero ecclesiastico corrotto e l’avidità di ricchezze diventano degli inutili spunti che orbitano intorno ad una narrazione principale così debole dove l’unico faro resta la capacità sia canora che di ballo del bellissimo Chalamet, dalla cui carriera ci aspettiamo sicuramente progetti più all’altezza del suo inestimabile talento.
Dal 14 dicembre al Cinema.
Riccardo
