Immaginate realizzare la vostra opera prima da regista su un tema tanto delicato come la violenza sulle donne e farlo nel modo più originale, piccato, coraggioso e iconico di sempre… tanto eccezionale da vincere il primo Oscar, alla migliore Sceneggiatura Originale. Immaginate poi sentire la pressione dell’unicità dell’opera prima mentre date vita al vostro secondo film sperando sia all’altezza del suo predecessore e delle alte aspettative del pubblico. Immaginate riuscire a consegnare allo spettatore un secondo film che dimostra l’enorme talento della mente che lo ha concepito. Emerald Fennell io ti voglio un gran bene. Perché hai una visione e sai come comunicarla. E non tutti hanno questo dono.

Promising Young Woman (2020) ha segnato il debutto alla regia dell’attrice e sceneggiatrice britannica e probabilmente sarà difficile raggiungere un picco più altro di quest’opera testamento. Tuttavia, Saltburn (2023), la sua seconda creatura nonché film di apertura del BFI London Film Festival 2023, le tiene egregiamente testa.

2006. Oliver Quick (Barry Keoghan) è un emarginato borsista all’Università di Oxford che – non appena fa il suo arrivo – inizia a nutrire un crescente interesse nei confronti di Felix Catton (Jacob Elordi… oh Emerald, I see your vision… and I share it), studente di lignaggio nobile che diventa immediatamente l’oggetto del desiderio del nuovo arrivato. Felix è abituato alle attenzioni e se ne nutre, i due legano e Oliver viene invitato da Felix a trascorrere le vacanze estive a Saltburn, la tenuta di famiglia…

Fin dai primi istanti una cosa è certa: i ricchi sono belli e sono allergici alla “bruttezza”. D’altronde la stessa madre di Felix (Rosamund Pike, divertentissima) dice di stare male in presenza di persone brutte. Questi ricchi sembrano non avere altro in testa, troppo impegnati a rispettare l’etichetta e le tradizioni che ne derivano. Fennell si prende gioco della società inglese e lo fa attraverso l’inserimento di Oliver nella routine ripetitiva della famiglia Catton.

Barry Keoghan è superlativo nel dare vita ad un personaggio così indecifrabile e misterioso, inizialmente ai margini e smarrito, che in realtà sono solo una copertura alla sua ossessione e manipolazione di persone ed eventi. Emerald Fennell sa molto bene come servirsi degli attori che si affidano alle sue direttive, piazzandoli minuziosamente negli spazi, talvolta creando proprio immagini simili a delle tele di quadri. Fotografia pazzesca di Linus Sandgren, in grado di racchiudere l’essenza del racconto su pellicola.

Saltburn è un’opera inebriante, i corpi dominano la scena dove desiderio, erotismo e ossessione trasudano da ogni inquadratura. Il collo sudato di Felix da cui Oliver non riesce a distogliere lo sguardo, così come dal suo corpo nudo immerso nella vasca da bagno. Il corpo di Venetia, sorella di Felix interpretata da Alison Oliver (che bello rivederla così spregiudicata dopo Conversation With Friends), avvolto in una sottoveste al chiaro di luna (mai sudato così tanto nell’ultimo periodo vedendo un film). Il corpo di Oliver che si immerge nell’acqua della vasca, il viso sporco di sangue dopo aver praticato sesso orale a Venetia. Il corpo di Oliver accovacciato nella vasca dove poco prima si era masturbato Felix. Il corpo di Oliver che simula un amplesso sul terriccio umido. Il corpo di Oliver nudo mentre danza, libero, non più goffo e impacciato. Ci sono sempre dei corpi al centro di tutto, anche perché alla fine questi ricchi non hanno molto da dire. Corpi e i loro liquidi. Sudore. Sperma. Sangue.

“So what does someone do around here?” “Wait for summer to end.”
Come in Call Me By Your Name (2017) l’estate scorre lenta e, senza che succeda mai nulla, le giornate si ripetono. E le vasche da bagno sono le nuove pesche… nonostante il rapporto fra i protagonisti delle due storie sia di natura diversa. Per certi versi la questione del tempo e della percezione che si ha di esso mi ha ricordato The Prince and The Showgirl (1957), dove finché i personaggi di Marilyn Monroe e Lawrence Olivier erano nella villa sembrava che il tempo non passasse mai. E lo stesso sembra per Oliver e Felix fino a quando sono all’interno dei confini di Saltburn. È come se il mondo reale non fosse autorizzato a stare lì con loro. E in entrambi i film poi l’illusione viene spezzata. L’ozio è interrotto e il mondo reale li reclama.

Emerald Fennell costruisce un’opera oscura e grottesca, senza paura di essere respingente perché spesso ciò che mette in scena è un susseguirsi di immagini forti, conturbanti e stranianti. Alcuni eventi sono spiazzanti e inaspettati, non a caso tutti vedono coinvolto Oliver. Perché alla fine quegli eventi arricchiscono la caratterizzazione di un personaggio complesso e sfaccettato. E ci raccontano delle verità.

A fine visione la prima cosa che mi è venuta da dire, totalmente spiazzata è stata: “Questo è quello che succederebbe se Call Me By Your Name e Phantom Thread si incontrassero e avessero un figlio.”, coinvolgendo anche Teorema (1968) e Talented Mr. Ripley (1999). Eppure, per quanto richiami tante altre opere Saltburn è l’audace prova dell’unicità della mente di Emerald Fennell.
Dal 22 Dicembre su Prime Video.
Marika
