Sono passati ben sei anni da Deadpool 2 e cinque dall’acquisizione dei film della Fox da parte di casa Disney, ma Wade Winston Wilson ha ancora qualcosa da dire e ritorna sul grande schermo (dal 24 luglio nelle sale) con un terzo capitolo, non solo per coronare una trilogia o chiudere i conti raccontando una storia – più corposa e ricercata, con lasciti malinconici e speranze vane – ma anche per narrare la fine di un’epoca attraverso il dono meta-cinematografico.


Salutiamo, ancora una volta, il disprezzo e l’euforia, il sanguinolento e il dissacrante, il prolisso e il dissoluto, perché, per quanto tempo passi, il nostro mercenario chiacchierone non perde mai lo smalto. Nell’anno del Signore 2024 riesce pure a riportare Hugh Jackman nei panni del solo ed unico Wolverine – e questo, dopo averlo manifestato per due prequel (ci sono una maschera in cartonato e un carillon a dimostrarlo) con conseguenti trattative spartite in contratti fatti e redatti per l’annessione a vita natural durante. Una quasi-schiavitù, non c’è male!
La trama, seppur semplice – e non siamo qui a innalzare i cinecomic al posto dei film ungheresi sottotitolati in francese sulla politica sovietica – mantiene alta l’asticella mostrandosi congeniale nel ritmo e nella struttura. Possono sorgere non poche domande, se si è perso per strada qualche precedente titolo, ma ormai il MCU è questo, perciò gambe in spalle! Prendere o lasciare!

Deadpool è in crisi di mezz’età, (o almeno, così la descriverà Wolverine in uno dei loro battibecchi) e per ritrovare sé stesso – dopo aver tentato di farsi assumere dagli Avengers di Terra 616, fallendo – accetta un lavoro per conto di Mr. Paradox (Matthew Macfadyen o dovrei dire, Tom Wambsgans is that you?), finché non scopre che è tutta una burla. Serve un Logan per salvare la Terra 10005, il suo universo (nonché nostra 20th Century Fox). Perciò Wade-paxxxerello-Wilson si prodigherà per trovarne uno. Con una comicità datata che parla per autoironia, riferimenti pop e cultura nerd, Deadpool & Wolverine (2024) ci ricorda che un simil antieroe – tanto fallito quanto risoluto – è stato creato a immagine e somiglianza di un’unica generazione, quella dei Millennials – la scena d’apertura nella quale balla sulle note di Bye Bye Bye dei NSYNC è la prova a confermarlo – poi, hey! possono far comunella anche tutti gli altri. Qui non discriminiamo nessuno!

Per la regia di Shawn Levy e scritto con l’importante aiuto di Ryan Reynolds (lui uno che “If Deadpool has no fans, that means I’m dead”), troviamo qui una direzione più rinvigorita, quasi rinnovata dal cambio di genere effettuato dopo anni di family friendly del regista (il suo ultimo film è stato Free Guy, uscito nel 2021). Le scene d’azione sono di accattivante impatto e fanno scopa con la parlantina sconclusionata del protagonista; ciò nonostante, non perde mai di vista la coerenza narrativa (per quanto possa esser lineare un film su una x-persona con il disturbo schizotipico di personalità, depressione distemica e cecità di genere). Si tratta di un’avventura nella quale bazzica la TVA (Loki), ci sono varianti del Multiverso (attuale saga in corso nel MCU) e vengono riprese vecchie glorie dimenticate (vi consiglio di spulciarvi la filmografia supereroistica della Fox da cima a fondo). Per essere un tale mappazzone, alla fine della fola, riesce a mantener fede a sé stesso intrecciandosi con tutto ciò che lo acquisisce meglio di molti altri titoli sotto lo stesso araldo. Anche i camei richiamati all’appello vengono accolti con sapienza, pedine di una scacchiera che sta per disintegrarsi, ma che offre ancora un finale dignitoso. L’obiettivo da raggiungere è soltanto uno ed è di poterli salutare con la consapevolezza che staranno bene – nonostante la Disney abbia preferito “buttarli nel Vuoto come prossimo pasto per Alioth”.

Così entra in gioco il metacinema.
Ho visto Deadpool & Wolverine due volte e se la prima è stato di godimento puro, sfarfallando i sensi in un tripudio di estasi (se vi sembra io stia parlando di droga, è proprio così), la seconda, come contraccolpo, è arrivata al pari di una sberla. È la burla che nasconde la beffa, la creatività che sana la rovina perpetrata dalla nostra squallida realtà. Diventa un’opera sulle divergenze attuali, dove i facili quattrini comprano e la quantità incassa.
Viene da chiedersi: rivedremo mai più Deadpool? O gli X-Men? Il MCU sarà all’altezza, saprà trattarli con la dovuta attenzione? Non possiamo saperlo, ma fino ad allora, potremo trovare Wade, sempre nella Terra 10005, insieme a Vanessa (Morena Baccarin) e agli altri mutanti. Quindi alla via così, si sfottono i produttori e la sacra linea temporale, perché il divertimento è buono e un po’ sboccato, ma quando intendono comprare i tuoi diritti, il massimo che puoi fare, è provare, fino all’ultimo muscolo reciso e arto smembrato, di uscirne a testa alta.


E se i nuovi asset saranno ancora sconosciuti – e no, signor*, Kevin Feige non è sinonimo di garanzia – noi deadpooline e wolverine riunite potremo comunque dire d’esserci parate il culo con un finale di tutto rispetto – di quelli fatti bene – che scalda il cuore e anche l’organo a sud dell’Equatore.
Avremo sempre Deadpool.
Laura