Sean Baker. Mio fratello in Cristo.
Vincitore della Palma d’Oro alla 77a edizione del Festival del Cinema di Cannes, Anora è l’odissea raccontata da Sean Baker, che si concentra nuovamente su persone ai margini della società intente ad inseguire il sogno americano. Questa volta non lo fa dalla periferia come con Tangerine (2015), The Florida Project (2017) e Red Rocket (2021): la storia di Anora non prende forma in provincia, ma a New York, Brooklyn.

Anora (Mikey Madison), che preferisce essere chiamata da tutti Ani, si guadagna da vivere lavorando sette giorni su sette in uno strip club. La giovane abbraccia con estrema naturalezza e vivacità il suo ruolo da sex worker, fino a che non comincia a sognare un futuro migliore quando una sera fra i suoi clienti vi è Ivan (Mark Ėjdel’štejn, praticamente Timothée Chalamet versione russa, teniamolo d’occhio!), rampollo figlio di un oligarca russo. Inizialmente gli incontri fra i due sono solo di natura sessuale, poi Ivan chiede ad Ani di fingere di essere la sua fidanzata per una settimana in cambio di diecimila dollari… lei accetta, i due sono sempre più coinvolti fino a che non si sposano a Las Vegas, scatenando l’ira dei genitori di Ivan. Contrari al matrimonio mandano a New York degli scagnozzi a risolvere la questione.


C’è sempre una grande passione nel modo di narrare di Sean Baker. Ama i personaggi che mette in scena, li rispetta e non li giudica. Ci sono trasporto e coinvolgimento, un rigore empatico per un tema tanto delicato come quello del sex work. Anora non viene mai oggettificata, il suo è sempre un racconto dolcemente umano. Il respingimento è più nei confronti nella malavita russa, nell’ostentazione della ricchezza e nella violenza che mettono in atto.

Una storia d’amore inusuale, fuori le righe, un viaggio turbolento che lascia senza fiato. La prima parte del film, quella in cui Anora assapora l’illusione che la sua vita possa prendere una piega migliore e l’idillio di un amore apparentemente indistruttibile, è più vorticosa, esuberante, frizzante e piacevolmente ironica. Nella seconda parte, invece, l’ingenuità di Ani si sgretola insieme al sogno (che meraviglia la pellicola 35mm che accentua le dreamy vibes), con l’arrivo degli scagnozzi apre gli occhi consapevole che le sue ambizioni e speranze non si realizzeranno. Il film assume quindi dei toni diversi, lasciando spazio ad un umorismo sopra le righe e un po’ dark, sempre più verso ad una graduale decadenza e malinconia.


Un mix fra Cenerentola, Pretty Woman (1990), Boogie Nights (1997) e Showgirls (1995), Anora è il palcoscenico di Mikey Madison, che con disinvoltura e coraggio regge sulle sue spalle 2 ore e 20 di pellicola, senza mai cedere. La sua energia trapassa lo schermo. Abbiamo a che fare con una stella pronta a brillare fra tutte le altre stelle.


Anora è un racconto intimo e allo stesso tempo universale. E soprattutto: è imperdibile. Al cinema dal 7 novembre.
Marika
