Il team Lanthimos-Stone torna in concorso alla Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia con un avvincente racconto distopico che lascia il pubblico con il fiato sospeso, tra comicità e amarezza, con il solo stile che contraddistingue il famoso regista greco.

Dopo aver visto Kind of Kindness (2024) pensavamo di essere pronti a tutte le follie che Yorgos potesse presentarci, invece, con il suo ultimo capolavoro Bugonia, continua a superare limiti già da lui segnati e crea un nuovo progetto che esalta sempre di più la sua vena geniale.

Ritroviamo nuovamente insieme i bravissimi Emma Stone e Jesse Plemons, rispettivamente nei panni di una potente amministratrice delegata di un’azienda farmaceutica e di un apicoltore ossessionato dalle teorie di complotto.

I due padroneggiano la scena con il loro immenso talento e ci regalano due delle performance più promettenti di questa awards season. Il compito di Yorgos con questo film era arduo, le aspettative intorno al suo nome diventano sempre più alte ed il rischio di fallire potrebbe essere proprio dietro l’angolo. Con Bugonia invece, si consacra uno dei migliori registi contemporanei, garantendo al pubblico racconti originali confezionati alla perfezione nei toni inconfondibili del dark-humor.

La storia ha inizio con il rapimento della bellissima Michelle Fuller ( Emma Stone) da parte di due giovani apicoltori Teddy (Jesse Plemons) e Don (Aidan Delbis) che, convinti che quest’ultima sia un alieno con il piano di attaccare e distruggere la popolazione terrestre, la sottopongono ad ogni genere di tortura pur di farle rivelare la sua vera identità. Il solo modo che Michelle ha di comunicare con i suoi simili è tramite i suoi capelli ed è per questo che i rapitori decidono di tagliarglieli immediatamente, scongiurando qualsiasi tipo di richiamo di aiuto dalla specie aliena.

Il filo costante che unisce tutti le storie raccontate da Lanthimos – nonostante questo sia il remake del film sudcoreano sudcoreano del Jigureul jikyeora! (2003) di Jang Joon-hwan – è il declino dell’umanità, il suo costante ed inevitabile degenerare, capace di trascinarsi passo dopo passo nel baratro dell’oblio.

Dunque gli alieni farebbero bene ad estinguerci? Decisamente sì, secondo Yorgos. L’unica specie alla quale si sottrae il suo severo, sebbene giusto, giudizio sono le api, le uniche capaci di rappresentare una società perfetta grazie alla loro cooperazione, diligenza e rigore nel creare armonia per il bene comune.

Le grafiche, i suoni e la fotografia sono sempre essenziali per accompagnare ogni singola scena e, come accade in Poor Things (2023), anche qui sono estrose e stravaganti, in linea con l’immaginario di delirio e paranoia che Lanthimos non smette di raccontare. Il potere e la fragilità umana sono lo sfondo dietro al quale si svolgono queste piccole scene, quasi teatrali, in cui i protagonisti si mettono a nudo nella rappresentazione della loro disperazione. Bugonia ha la strada spianata verso gli Academy Awards del 2026 e ci auguriamo che possa collezionare tutti i riconoscimenti possibili per osannare il genio di questi artisti che insieme hanno creato un nuovo Cult del cinema contemporaneo.

Dal 23 ottobre nelle sale italiane.

Riccardo