Promising Young Woman (nonché il debutto alla regia di Emerald Fennell) racconta la storia di Cassie (Carey Mulligan), una donna di 30 anni che – dopo aver abbandonato la scuola di medicina per via di un trauma indefinito che ha coinvolto in prima persona la sua migliore amica Nina – conduce una doppia vita: di giorno lavora come barista, mentre di notte attira uomini dalle intenzioni non particolarmente pacifiche.
Il film si apre proprio così: in un locale, con uno dei tanti “bravi ragazzi” che si presenta ad una Cassie chiaramente troppo ubriaca per capire cosa stia accadendo intorno a lei. Fin troppo premuroso da volerla riaccompagnare a casa, anche se durante il tragitto le suggerisce di passare prima dalla sua abitazione. Arrivano, le offre da bere e nonostante lei sia ben poco cosciente, lui inizia a baciarla per poi spostarla verso il letto. Ed è proprio quando sembra che stia per accadere il peggio che non solo si rende conto che la ragazza non è ubriaca, ma che lui non è poi un così “bravo ragazzo.”

Malgrado la prevalenza di scene vendicative questa è una storia in cui il dolore è sovrano: Cassie è una donna traumatizzata, alla ricerca di una liberazione che non troverà mai. Le sue giornate sono scandite dal ricordo di ciò che ha perso: guarda quotidianamente le foto di lei e della sua migliore amica e spesso si sente in colpa per quello che è successo.
Di Nina si sa poco e niente. Ciò che l’è accaduto viene rivelato in modo lento durante il film, ma è chiaro sin da subito che la ragazza oltre ad essere stata vittima di un ragazzo privilegiato, lo è stata anche di un sistema che ha preferito prendere le difese di un criminale perché ricco di famiglia piuttosto che di una vittima la cui unica colpa era quella di credere che in fondo il mondo non fosse un posto così pieno di esseri spregevoli e malati.

Solo l’incontro, e a seguire l’inizio di un legame più profondo, con uno dei suoi ex compagni di studi, Ryan (Bo Burnham), fa pensare che Cassie stia andando verso una possibile guarigione, ma dei nuovi dettagli su ciò che accadde anni fa la spingono definitivamente ad un punto di non ritorno. E ha la conferma – e noi insieme a lei – che all men are trash. Non era una rivelazione inaspettata, ma necessaria.
Arrivati all’atto finale speriamo fortemente in una vendetta che porti una storia così onesta ad avere un meritato happy ending, ma come ha giustamente detto la Fennell: “non volevo che la gente se ne andasse pensando che fosse stato risolto”.

E quindi sì, assistiamo ad una rivincita, ma la storia non si conclude con il classico lieto fine.
In primo luogo ciò non avviene perché niente di tutto quello che è stato raccontato in questi 110 minuti è stato lieto. Non si parla di una fantasia di vendetta, bensì una dolorosa convivenza che negli anni ha fatto subentrare anche una furia ardente (Cassie non smette di osservare il quaderno con i nomi degli uomini a cui ha dato una lezione).
In secondo luogo perché nella vita vera non vediamo praticamente mai un “e vissero tutti felici e contenti”. Difatti l’obiettivo è quello di volere un pubblico che ne continui a parlare anche a proiezione finita, di far sì che il vero cambiamento avvenga nel mondo reale, e non solo nelle pellicole cinematografiche.
Un film ben riuscito, merito anche di una sbalorditiva sceneggiatura che il più delle volte lascia sorpreso lo spettatore, canzoni che accompagnano sequenze iconiche e cariche di simbolismi, riferimenti religiosi e accostamenti cromatici mai lasciati al caso, e di una ipnotizzante e spettacolare interpretazione che esalta magnificamente Carey Mulligan, che riesce a farci provare la costante sofferenza che vive la protagonista.
Promising Young Woman è già cult.
India
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