Non è mai semplice mantenere le alte aspettative di un pubblico affezionato quando si parla di una saga cinematografica. Il pericolo di commettere un passo falso è sempre dietro l’angolo, specialmente se la saga in questione col trascorrere del tempo ha scelto di rinnovarsi, mostrando nuove sfaccettature sia per accalappiarsi una fetta di pubblico novizio sia per vantare un volto contemporaneo. Ma come hanno dimostrato Scream 6 (2023), Halloween Ends (2022) e The Texas Chainsaw Massacre (2022), il fallimento è più che possibile e la caduta a terra genera un tonfo assordante.

Soffermandoci però nell’ambito dell’horror, se c’è una saga che può camminare a testa alta, fiera di non aver mai presentato un solo film mediocre, quella è Evil Dead, partorita dalla straordinaria mente di Sam Raimi che col tempo ha dato luce a due sequel, una serie tv e due reboot (anche se sull’esatta terminologia di questi ultimi due film potremmo discuterne per giorni interi, dunque facciamoci andare bene quest’etichetta). Raimi ha rivoluzionato il genere horror con la sua trilogia, portando in scena un perfetto mix di gore e comicità, il tutto contornato dalla fisicità imponente ed il carisma unico del suo eroe Ash Williams interpretato da Bruce Campbell, divenuto vera e propria icona del cinema di genere.

Come precedentemente annunciato, il franchise di Evil Dead non ha sbagliato un solo colpo, centrando sempre l’obiettivo e lo dimostra anche il nuovissimo capitolo diretto da Lee Cronin dal titolo La Casa – Il Risveglio del Male (Evil Dead Rise). A differenza dei predecessori, la narrazione centrale non è più collocata in una baita sperduta nei boschi, abbandoniamo totalmente la montagna per immergerci nella caotica Los Angeles, più oscura che mai, quasi una Gotham illuminata solo dai neon dei negozi. Beth (Lily Sullivan), tecnico del suono che scopre di essere incinta, abbandona il tour per cercare conforto ed aiuto dalla sorella Ellie (Alyssa Sutherland), tatuatrice e madre single di tre figli. A causa di un improvviso terremoto che genera uno squarcio nel terreno, all’interno di un vecchio caveau bancario viene rinvenuto un libro dall’aspetto minaccioso e dei vinili che uno dei figli adolescenti di Ellie ruba scatenando una serie di eventi catastrofici. Dai dischi fuoriesce una voce demoniaca che pronuncia parole incomprensibili, animando il misterioso libro che scopriamo essere il Necronomicon e risvegliando così un’oscura entità che prende possesso del corpo della madre Ellie, rendendola a tutti gli effetti una creatura maligna che desidera solo spargere sangue attorno a sé, dimenticando i suoi affetti più cari.

Il format è sempre lo stesso: libro, demone, possessione, ed a noi pubblico fedele di Evil Dead piace questa costanza del tema. Del resto non ci aspettiamo chissà quale rivoluzione artistica del franchise, vogliamo solamente ammirare la travagliata epopea dei nostri eroi intenti a sconfiggere i deadite. Ed il soggetto scatenante di cotanta malignità è sempre lui, il Necronomicon Ex-Mortis (noto anche come “il libro dei morti” o “Naturom Demonto”), citato per la prima volta dalla penna di H.P. Lovecraft nel suo racconto The Hound del 1924 e che poi ha trovato sviluppo nelle successive opere dello scrittore. Rilegato in pelle umana e scritto in sumero col sangue, il Necronomicon è in grado di sfruttare il potere del Demone Kandariano, controllando non solo le vittime possedute ma anche i morti. Per quanto il suo aspetto sia tutt’altro che accattivante, i nostri protagonisti non frenano la propria curiosità, sfogliandolo e leggendo vari passaggi, noncuranti della pericolosità di quelle parole.

Come è stato già detto, Evil Dead Rise sposta la sua ambientazione in città, per quanto la scena iniziale (che si ricollegherà al finale del film) ci mostra la classica location familiare alla saga: una casa dispersa fra gli alberi vicino ad un lago, dove non dovremmo attendere molto per ammirare le prime atroci gesta dell’entità demoniaca – magistrale ed indimenticabile la comparsa del titolo del film, lasciatemelo dire.

L’intera storia si espande all’interno di un fatiscente condominio destinato ad essere demolito, nello specifico nell’appartamento di Ellie, un agglomerato di stanze piccole, poco illuminate, quasi a trasmettere una sensazione di claustrofobia, d’impossibilità alla fuga. E per quanto possa mancarci la natura contaminata dal male dei precedenti film, la forza di Evil Dead Rise sta proprio nella sua ambientazione urbana che offre nuovi espedienti registici, dalla già iconica scena dell’ascensore alla prospettiva dallo spioncino della porta sul corridoio dove Ellie si divertirà a smembrare ogni essere vivente che incontrerà.

Lee Cronin omaggia Stanley Kubrick in più momenti e lo fa con immensa padronanza della macchina da presa e conoscenza della materia. Qualcuno potrà dire che ha fatto il passo più lungo della gamba, ma trovo invece che il regista irlandese non abbia nulla da rimproverarsi, anzi. È interessante cogliere le sue prodezze, le prospettive ricercate, le messe a fuoco minuziosamente studiate per regalarci un’esperienza visiva degna di nota. Non c’è presunzione nel suo operato, solo tanta bramosia di farsi un nome nella scena horror, anche per confermare la spiazzante rivelazione del suo The Hole in the Ground del 2019.

Il predecessore Evil Dead (2013) di Fede Álvarez, primo film a non avere la firma di Sam Raimi, si è contraddistinto per il gore spietato e l’utilizzo di practical fx e make-up (evitando l’utilizzo di CGI) per dar vita a mutilazioni ed agonie sublimi, per quanto artigianali nella realizzazione. Lee Cronin invece fa marcia indietro, tornando alla verve della trilogia di Raimi, portando in scena non solo un’efferata violenza ma anche quella comicità un po’ camp che abbiamo tanto amato nelle storiche pellicole. I deadite qui sfottono esattamente come in La Casa II, servendo satira e ironia tanto quanto sangue e budella – e credetemi, per realizzare questo film sono stati usati 6.500 litri di sangue finto! Ma oltre alla comicità irriverente, il regista strizza l’occhio alla saga arricchendo il film di citazioni, dall’iconica motosega brandita da Ash alla pizzeria Henrietta’s (un riferimento a Henrietta Knowby, demone protagonista in La Casa II).

Considerando quanti film horror sulla possessione esistono attualmente, Lee Cronin si è trovato davanti ad un’impresa tutt’altro che semplice. Ma Evil Dead Rise sconfigge i suoi rivali costruendo un’umanità attorno ai suoi personaggi prima di farli a pezzi. Dimenticate i tempi in cui i protagonisti dei film horror prendevano le decisioni più stupide possibili diventando mero ammasso di budella date in pasto a tutto quel filone Cabin in the Woods Movies, particolarmente in voga negli anni ‘80/’90. Evil Dead Rise riporta l’estrema violenza fisica dei film di Raimi aggiungendo una violenza emotiva che lascia il pubblico dilaniato.

Ma non tutte le ciambelle escono col buco e la pellicola di Cronin non è esente di difetti. Quello più evidente è stato il delineare un solo aspetto rilevante di Beth e cioè lo scoprire di essere incinta. Confesso che ho provato un certo fastidio nel constatare come la figura femminile venga spesso associata a quella della madre, quasi a voler sottolineare che una donna non possa sottrarsi al suo ruolo di genitrice. Ma siamo nel 2023 e forzare il ritrovato spirito materno di un personaggio fresco che non aveva necessariamente bisogno di quest’etichetta, beh è stato un colpo basso che il regista/sceneggiatore poteva benissimo evitare. Parafrasando una nota canzone italiana, “Siamo donne, oltre le gambe (e l’utero) c’è di più!”

Ciò nonostante Lee Cronin ci fa dono di un vero e proprio gioiellino, grazie alla cura registica, l’ambientazione da brividi ed un cast carismatico ed intrigante che rendono Evil Dead Rise un gradito ingresso in uno dei franchise horror più longevi. Forse c’è speranza per le nuove reclute, per quei film girati in studio che possono offrire ancora lo spirito temerario dei film indipendenti. Dunque alziamo i calici per Evil Dead Rise ed auguriamoci di ammirare nuovi capitoli di questa saga che non smette mai di sfamarci. E citando Ahs Williams, questo film si può riassumere con una sola parola: GROOVY!

– Angelica